Inchieste7 Giugno 2024 12:37

Olanda, ‘buco nero’ d’Europa dove finiscono soldi degli altri Stati membri. Paese di multinazionali che crescono. I DATI

Un battitore libero, in Ue, l’Olanda. O meglio: un buco nero dove finiscono i denari degli altri Stati membri.

Sono circa 72 i miliardi di euro di profitti aziendali, secondo l’economista Gabriel Zucman, tra i massimi esperti riconosciuti a livello mondiale. Di questi, circa 10 miliardi finiscono al fisco olandese, gli altri dentro le casse delle multinazionali.

E dall’Italia? L’Olanda sottrae – secondo Zucman – circa 3 miliardi di euro l’anno al fisco italiano. E la conseguenza è che il 40 per cento circa del gettito di tassazione sui profitti di impresa deriva proprio da questo scippo.

Basti pensare che nei Paesi Bassi sono presenti oltre 15mila società finanziarie speciali, denominate ‘bucalettere’ attraverso cui passa un flusso di circa 4.500 miliardi di euro ogni anno. Ma di questo pacchetto sono soggetti a tassazione soltanto 200 miliardi circa.

https://nens.it/archivio/dossier/l%E2%80%99olanda-paese-di-transito-e-sponda-d%E2%80%99approdo-strategie-di-profit-shifting-e-di#_ftnref17

Secondo il rapporto Oxfam, già nel 2009 l’80% delle entrate e il 76% di uscite degli investimenti stranieri passavano attraverso questa tipologia di società. Percentuale cresciuta nel 2013 rispettivamente a 83% e a 78%. E poi ancora sempre di più, come dimostra il rapporto del Parlamento Ue del 2018.
Già nel 2018 gli investimenti esteri in Olanda sono pari a più di cinque volte il Pil.
Tra i Paesi più colpiti al mondo da queste strategie di profit shifting, vi sarebbero i grandi Paesi UE: Germania 29%, Francia 24%, UK 21 % Italia 19%; mentre a livello extra UE i più colpiti sarebbero USA 17% e Brasile 10%.

A livello globale, l’Unione europea si presenta perfetta per operazioni ‘triangolari’, in ragione del fatto che si presenta come un grande mercato comune dove però continuano a competere in maniera non sempre leale gli Stati sovrani differenti.

Come già osservava la Commissione nella propria risalente “Raccomandazione sulla pianificazione fiscale aggressiva“ del 2012.

Il Profit shifting, ovvero lo spostamento dei profitti per pagare meno tasse è praticato soprattutto da sei paesi europei: Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Cipro, Belgio e Malta. Operano di fatto un dumping fiscale contrario al principio di solidarietà tra i membri dell’Unione previsto dai trattati. Se un’azienda opera in Italia, manda gli utili in Olanda e l’Olanda non la tassa, il gioco è fatto.

E ad avere la sede legale in Olanda sono soprattutto le multinazionali, come la Exor degli Agnelli (cui fa capo la Stellantis che ha i tavoli aperti con il Mimit di Adolfo Urso per mantenere i livelli occupazionali a Melfi) e Unilever. Aiuti italiani permessi grazie alle tasse pagate dalle piccole e medie imprese italiane.

Secondo il rapporto “Offshore shell games 2017” dei due istituti di ricerca statunitensi Itep e Us Pirg – più della metà delle società della classifica Fortune 500 ha almeno una filiale nei Paesi Bassi, la percentuale più alta prima di paesi come Singapore, Hong Kong e Lussemburgo, dove il fisco è particolarmente amico delle imprese.


Nello specifico, su un totale di oltre 24.000 miliardi di dollari di profitti che, nel 2017, i gruppi multinazionali sono riusciti a trasferire verso tutti i paradisi fiscali del mondo, più di 20.000 miliardi avevano trovato ‘riparo’ (temporaneo o definitivo) proprio nei paradisi dell’Unione europea.

Secondo il rapporto Oxfam Italia, “il 2023 è destinato, in particolare, ad essere ricordato come l’anno più redditizio di sempre per le grandi corporation. Complessivamente, 148 tra le più grandi aziende al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023 con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media del quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i maggiori colossi globali, 82 dollari sono fluiti ai ricchi azionisti sotto forma di dividendi o riacquisti delle azioni proprie”.

Formalmente le aliquote fiscali dell’Olanda non sono particolarmente diverse da quelle di molti altri paesi europei. I prelievi sono però estremamente ridotti o inesistenti se si parla di dividendi, guadagni da cessioni di partecipazioni. Come anche per gli interessi incassati da prestiti infra gruppo e royalties. Così le multinazionali stabiliscono qui le loro holding (società che hanno in pancia le partecipazioni chiave di un’impresa) e costruiscono strutture di gruppo artificiose per far affluire denaro sotto queste forme. Non solo.
Negli anni ottanta le holding in Olanda saltarono alla ribalta per il meccanismo saltato alla ribalta come “double Irish with Dutch sandwich“. Si trattava di uno schema di pianificazione fiscale che vedeva l’Olanda come sede di holding che a loro volta trasferivano dividendi nelle Antille Olandesi, che permettono tassazione in uscita solo sul 5% del dividendo. Anche adesso, comunque, che questo schema di pianificazione fiscale è conosciuto e disconosciuto dalla comunità internazionale l’Olanda rimane sempre un Paese molto attraente fiscalmente.
Il vero vantaggio di una società olandese è quello di essere utilizzata come holding di partecipazione che detiene il controllo di società estere (subsidiary). Infatti, indipendentemente dal fatto che si detenga direttamente una controllata estera o che la si controlli tramite una holding, il rimpatrio di utili esteri finisce sempre per innescare una ritenuta (c.d. “withholding tax“) nel Paese ove è situata la controllata (c.d. “Stato della fonte“).

Secondo l’Istituto di Statistica olandese (CBS) anche nel 2022 i Paesi Bassi sono stati tra i Paesi a livello globale con maggiori investimenti diretti esteri, sia per gli investimenti in entrata che in quelli in uscita dal Paese. Escludendo le società di veicolo (SPE) i Paesi Bassi si collocano infatti al quarto posto in termini di investimenti diretti in entrata, dopo gli Stati Uniti, la Cina e il Regno Unito e al secondo posto dopo gli Stati Uniti per gli investimenti diretti esteri in uscita dal paese (OECD 2023). Nel 2022 il totale degli investimenti diretti esteri in entrata nel Paese sono stati pari a €3.930 miliardi di euro (+3% rispetto al 2021), mentre gli investimenti diretti esteri in uscita sono stati pari a €4.818 miliardi di euro (-1% rispetto al 2021).

Istituto di statistica olandese (CBS)


Gli investimenti dei Paesi Bassi si concentrano sostanzialmente in tre settori statistici. Nel 2022, le società veicolo (SPEs, imprese straniere con filiali con sede nei Paesi Bassi) rappresentavano circa un terzo della posizione di investimenti diretti in entrata e in uscita dei Paesi Bassi. La posizione patrimoniale in entrata delle SPEs è rimasta pressoché costante nel 2022, attestandosi a 1.327 miliardi di euro alla fine dell’anno, mentre la posizione patrimoniale in uscita ha registrato un calo dell’1%, passando a 1.635 miliardi di euro. Nel 2022 anche le società holding, la cui attività consiste principalmente nella fornitura di servizi finanziari all’interno del proprio gruppo di imprese, rappresentavano circa un terzo della posizione degli investimenti diretti, attestando a 1361 miliardi in entrata e 1544 miliardi in uscita. Le società non finanziarie rappresentano quasi tutti gli altri investimenti diretti, pari a 1167 miliardi in entrata e 1459 miliardi in uscita (pari circa al 30% degli investimenti). Solo il 4% della posizione patrimoniale in uscita e il 2% della posizione patrimoniale in entrata sono rappresentati dai restanti settori, come banche, altri fornitori di servizi finanziari, governo e famiglie.
Gli Stati Uniti sono invariabilmente in cima alla classifica olandese dei partner di investimento esteri, seguono il Regno Unito, Germania e Lussemburgo (escludendo le SPEs). Alla fine del 2022, questi quattro paesi erano responsabili di circa il 60% degli investimenti totali nei Paesi Bassi. Negli ultimi tre anni, la classifica dei paesi in cui i Paesi Bassi investono, escluse le SPEs, ha costantemente incluso Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera e Germania. Nel 2022, i primi 4 paesi rappresentavano oltre il 40% degli investimenti diretti in uscita olandesi.
Fonti: Agenzia ICE e CBS Ultimo aggiornamento: 30/04/2024