News9 Maggio 2023 14:00

Bolkestein, così con Prodi furono svendute imprese italiane mentre Francia anticipava Ue e blindava le sue spiagge. Ecco il decret plage di pochi mesi prima della direttiva europea e che lascia mani libere ai francesi

Bolkestein? L’Italia, famosa in tutto il mondo per i suoi 7500 chilometri circa di coste naturali ad alta qualità turistica, si trova da anni a fare i conti con la Direttiva che viene dall’Olanda con la quale si vogliono mettere in gioco tutte le concessioni demaniali in mano agli imprenditori che nel tempo hanno investito in strutture e servizi.

Le concessioni per l’occupazione delle spiagge italiane ai balneari non possono infatti – secondo la Direttiva Ue – essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente tra diversi candidati. Una via confermata tre settimane fa anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nell’ambito del ricorso presentato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) contro una delibera del comune di Ginosa, in Puglia, che nel 2020 aveva autorizzato la proroga automatica delle concessioni.

In base alla direttiva, le licenze, che sono proprietà dello Stato, devono essere concesse in base a una procedura di selezione tra i candidati potenziali, quando le autorizzazioni disponibili sono limitate per via della scarsità di risorse naturali, come il numero di chilometri di coste e il diritto a mantenere alcune spiagge libere al pubblico.

Le autorizzazioni devono poi essere rilasciate per una durata limitata e non possono prevedere un rinnovo automatico, ma devono ogni volta sottostare a nuove gare, in modo tale da tutelare la libera concorrenza nel mercato.

Venne così detta da Frits Bolkestein, commissario europeo per il mercato interno della Commissione Prodi, in quanto ha curato e sostenuto questa direttiva.

La direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE, conosciuta come Direttiva Bolkestein, nasce a febbraio del 2004 quando fu presentata dalla Commissione europea quando Romani Prodi ne era ancora presidente (il suo mandato finì pochi mesi dopo, a novembre dello stesso anno) e fu approvata dal Parlamento Ue il 26, dieci giorni dopo che lo stesso Prodi era diventato presidente del Consiglio.

La direttiva è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (L 376) il 27 dicembre 2006, la Francia – anticipando i tempi – corse a pubblicare – il 26 maggio dello stesso anno, il suo Decret Plage.

Mentre l’Italia combatte a muso duro e con l’Ue per difendere le coste, bene strategico di ogni Paese dal punto di vista politico ed economico, la Francia nel 2016 mette le mani avanti e ‘blinda’ le sue spiagge.

Con il Decret Plage del 2016 infatti, in buona sostanza i cugini d’Oltralpe vogliono anticipare quanto chiesto da Bruxelles in merito alla libera concorrenza e alla trasparenza dei bandi, ma in realtà – si legge nel testo – rimettono tutto nelle mani del Prefetto.

E’ vero che il Decret ha portato alla chiusura di un paio di storici stabilimenti, ma è come dire all’Europa che ha ragione per poi fare come gli pare.

Bisogna dire che la Francia – paese assieme all’Italia dalle coste a maggior valore aggiunto in Europa e nel mondo – mantiene il 70 per cento delle spiagge ad uso pubblico mentre il 30 per cento ad uso privato tramite concessioni demaniali.

Ma occorre anche precisare che se nel Nord della Francia le concessioni sono minime – a causa del clima rigido – al sud (da Nizza a Cap D’Antibes) la concentrazione è molto alta.

Il sistema si fonda, infatti, su una competenza rimessa ai Départements che, a livello regionale, adottano proprie tabelle relative a ciascun tipo di titolo abilitativo. Queste indicazioni possono, quindi, essere molto diverse da territorio a territorio e presentare delle differenze difficilmente giustificabili a parità di concessione. In più, spesso si assiste alla ratifica o reiterazione di canoni immutati da anni.

Gli Stati membri avrebbero dovuto recepire la Direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali entro il 28 dicembre 2009. La Commissione Europea (DG Mercato interno e servizi) ha pubblicato un manuale di attuazione della direttiva, destinato ai governi nazionali.

Mentre l’Italia ne contesta l’applicazione, la Francia di fatto la anticipa a livello nazionale ma rimanda tutto ai suoi prefetti.

https://www.legifrance.gouv.fr/loda/id/LEGITEXT000006053761

Nel frattempo, le multinazionali del Nord, puntano alle spiagge Made in Italy attendendo che si liberino.

D’altronde, sempre con Romano Prodi, il latte fu scambiato per l’acciaio. Facendo perdere all’Italia il latte prima e l’acciaio poi.

Era il 1984: Romano Prodi era a capo dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, Iri, e l’allora ministro dell’Agricoltura Pandolfi alle prese con l’istituzione del regime delle quote prese come anno di riferimento il 1983, un’annata particolarmente bassa a livello produttivo.

(Tanto che le promesse fatte dall’ex ministro ai produttori agricoli relative al fatto che non avrebbero mai pagato le sanzioni, portarono nel 1997 alla denuncia, assieme ai suoi successori al ministero, per presunti comportamenti omissivi in relazione alla mancata adozione delle sanzioni, ma pochi anni dopo venne assolto dalla Corte dei Conti).

Ed era invece il 1937 quando nasceva la Finsider, che rilevò gli impianti dell’Ilva, quelli di Genova-Cornigliano (Ansaldo) e quelli di Terni e di Piombino.

Nel secondo dopoguerra fu Oscar Sinigaglia a portare l’Ilva – assistita dallo Stato già dal 1911 – a Taranto. Obiettivo era: competere con l’Unione europea. Un sogno che si avverò per qualche anno con la produzione che aumentò del 200% per poi crollare negli anni 80 proprio per l’eccessiva capacità produtttiva e a causa della concorrenza di altri materiali.

I produttori di latte, negli stessi anni, si trovavano improvvisamente nell’impossibilità di poter produrre perché avrebbero ‘splafonato’ le quote loro assegnate. Si sono venute a creare tre ‘famiglie’ di allevatori: quelli che hanno continuato a produrre a fronte delle promesse dell’allora ministro competente; quelli che hanno rispettato le quote (pochi); e quelli che hanno comprato le quote da altri allevatori indebitandosi attraverso mutui bancari.

Tra l’ 82 e l’ 87 – sotto la gestione di Lorenzo Roasio e Sergio Magliola – la Finsider perdeva 7.500 miliardi e lo stabilimento di Bagnoli fu chiuso anche per ordine della Cee.

Finsider fu svenduta ad Ancelor Mittal dall’Iri di Romano Prodi e del suo assistente Massimo Tononi, presidente di Cassa Depositi e prestiti fino al 24 ottobre 2019.

Entrambi, sia Mittal che Tononi, erano legati alla Goldman Sachs. Il primo era nel Cda già dal 2008; il secondo ha fatto avanti e indietro tra incarichi nelle istituzioni italiane e la società finanziaria dove si occupava di acquisizione e fusione di aziende.

Latte Made in Italy e acciaio Made in Italy, due settori gioiello dell’economia italiana dai destini incrociati e svenduti ai nostri competitor.