News20 Aprile 2023 16:42

Bolkestein, si aprono coste italiane a miliardario del turismo, energia green e dieta unica. Ecco come fanno gli altri paesi

La Corte di giustizia Ue ammonisce ancora una volta l’Italia e le dice: “le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”.

Se da una parte vi è la normativa Ue dall’altra vi è la strategicità che le coste e le spiagge rappresentano per ciascuna nazione, specialmente per l’Italia che rappresenta uno degli sbocchi principali dei flussi migratori che giungono dal Mar Mediterraneo verso il resto d’Europa. Senza considerare il particolare contesto politico economico maturato con la guerra russo ucraina e la necessità di conservare asset strategici ed economici.

Ma che succede in Francia ad esempio? Il sistema si fonda, infatti, su una competenza rimessa ai Départements che, a livello regionale, adottano proprie tabelle relative a ciascun tipo di titolo abilitativo. Queste indicazioni possono, quindi, essere molto diverse da territorio a territorio e presentare delle differenze difficilmente giustificabili a parità di concessione. In più, spesso si assiste alla ratifica o reiterazione di canoni immutati da anni.

Nella sentenza relativa a una vertenza che coinvolge l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato e il comune di Ginosa (Taranto), i giudici di Lussemburgo scrivono che “i giudici nazionali e le autorità amministrative” italiane “sono tenuti ad applicare le norme pertinenti” del diritto europeo, “disapplicando le disposizioni nazionali non conformi”.

Bocciando così l’interpretazione della legge italiana che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, in virtù del carattere vincolante e dell’effetto diretto della direttiva Ue per i servizi nel mercato interno, nota come Bolkestein.

Nel dettaglio, la vertenza sotto esame risale al dicembre 2020, quando il comune di Ginosa, applicando la normativa nazionale, decise di prorogare automaticamente le concessioni andando incontro alla contestazione da parte dell’Agcm.

L’Affaire Balneari – di competenza del commissario Ue per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, in carica dal 2014 nell’ambito della Commissione Juncker e riconfermata nella commissione von der Leyen – potrebbe aprire nuove finestre di investimento a chi ha fondato e finanziato la Eat lancet che voleva introdurre la Dieta Unica Universale e che possiede società alberghiere in tutto il mondo. Una su tutte: la Thomas Cook.

Si tratta della Stordalen Foundation, che prende il nome da Petter, miliardario del Turismo e lo stesso le cui fondazioni hanno messo in passato in discussione attraverso gli studi Lancet la dieta a base di proteine animali e la zootecnia più in generale. Ricerche ora smentite dalla stessa scienza.

Tutto in nome della sostenibilità proprio da chi – oltre al Turismo – ha investito proprio in Green energy.

Petter Stordalen nell’ottobre 1996 acquistò il 68% delle azioni delle operazioni scandinave di Choice Hotels per 100 milioni di corone norvegesi. All’epoca la catena consisteva di 8 hotel in tutta la Scandinavia. In seguito all’acquisizione Stordalen iniziò la sua espansione comprando la catena alberghiera svedese Home così come la norvegese InterNor, e portando Choice Hotels Scandinavia in borsa. Durante un periodo di tre anni Choice Hotels Scandinavia acquistò, in media, un nuovo hotel ogni due settimane e aggiunse 50 persone al libro paga ogni 10 giorni.

Nel 1997 Stordalen vide poi l’acquisizione di diversi hotel svedesi e danesi, tra cui la compagnia alberghiera danese Nordisk Hotel Group, Stenungsbaden Yacht Club e Stockholm Globe Hotel. All’età di 37 anni, Stordalen divenne miliardario (in corone norvegesi). Nel 2012 Stordalen ha aperto il suo più grande hotel fino ad oggi, il Clarion Post Hotel di 500 camere e 40 000 metri quadrati a Göteborg, in Svezia.

Il 30 ottobre del 2019 la Strawberry, una delle società storiche di Stordalen, acquista la Thomas Cook Northern Europe.

Il Gruppo Thomas Cook operava in cinque divisioni principali: Regno Unito, Scandinavia, Nord America, Europa continentale e, per la Germania, solo nel settore delle compagnie aeree.

Con una flotta di 97 aerei, 2 926 punti vendita, 21 000 dipendenti e oltre 19,1 milioni clienti annuali, il gruppo era la seconda società più grande viaggio in Europa e nel Regno Unito, dietro TUI Travelve il più grande nei paesi scandinavi, in Francia, nei Paesi Bassi, in Germania, negli Stati Uniti e in Canada.

Molti gli obiettivi della Stordalen Foundation, sotto il cui ombrello c’è la Eat Foundation diretta dalla ex moglie e il cui obiettivo – da quando è nata nel 2013 – era quello di portare i consumatori verso una dieta universale andando ad eliminare le aziende che producono cibo ‘malsano’ attraverso gli studi di Lancet (EAT-Lancet_Commission_Summary_Report). “EAT è la piattaforma globale basata sulla scienza per la trasformazione del sistema alimentare” si legge sul sito.

EAT

“EAT è un’iniziativa globale che collega cibo, salute e sostenibilità attraverso la scienza, gli affari e la politica. Il principale partner accademico di EAT è lo Stockholm Resilience Centre, e l’iniziativa viene sviluppata in stretta collaborazione con partner di fama mondiale come la Harvard University, la Cornell University, la University of California Berkeley, lo University College di Londra, la New York Academy of Sciences, il CGIAR Consortium, The Lancet, la Chatham House, Google Inc, Deloitte, Tetra Pak, Confederazione delle imprese norvegesi, il principale gruppo finanziario norvegese DNB, National Geographic Society, McKinsey Global Institute, WWF, International Union for Conservation of Nature, World Association of Chefs Societies, The Norwegian Institute of Public Health, University of Oslo, Norwegian Research Council e The Norwegian Veterinary Association, solo per citarne alcuni”.

L’obiettivo generale di EAT, è tra le altre cose – si legge sempre sul sito della Stordalen Foundation – quello “di sviluppare le strategie per indurre un cambiamento comportamentale a livello di popolazione verso un cibo più sano e più sostenibile”.

Ma sempre sotto la fondazione creata dal miliardario Petter Stordalen che con un patrimonio netto stimato in oltre 1,3 miliardi di euro è proprietario di oltre 200 alberghi, (ha rilevato anche la Thomas Cook, la più antica agenzia turistica del Pianeta), centri commerciali, proprietà e investimenti di vario genere tra cui energetici e che gira per il mondo con il suo jet privato, c’è anche la GreeNudge.

GREENUDGE

www.greenudge.no

“Il GreeNudge International Advisory Board (IAB) è composto dai principali pensatori e ricercatori di economia comportamentale del mondo. Lo IAB fornisce competenze e indicazioni relative al programma di ricerca scientifica GreeNudge e alle applicazioni dell’economia comportamentale per ottenere cambiamenti comportamentali tra i consumatori” si legge sul sito della Stordalen Foundation sotto il cui ombrello nasce. E anche in questo caso si usa la scienza: “I membri dello IAB sono Cass Sunstein (Harvard University), Richard Thaler (Chicago University), George Loewenstein (Carnegie Mellon University), Brian Wansink (Cornell University), Max H. Bazerman (Harvard University), e David Halpern capo del Behavioural Insights Team BIT)”.

GreeNudge è guidato dal direttore Dr. Knut Ivar Karevold (PhD/psicologo organizzativo).

Il Consiglio Direttivo è presieduto dal suo fondatore, Dr. Gunhild A. Stordalen, ed è composto da un team multidisciplinare con una gamma di competenze relative al cambiamento climatico e al cambiamento comportamentale: Dr. Steffen Kallbekken (direttore scientifico al CICERO), Benedicte B. Eie (capo della comunicazione, H&M Norvegia), Henrik A. Christensen (partner, studio legale Ro & Sommernes), Einar Håndlykken (presidente dell’Odd Football Club, ex presidente di ZERO) e Beate Nossum (proprietario e CEO, Beat Communication)

Tra le altre ‘iniziative’ della Fondazione del plurimiliardario che viaggia in jet privato e amante dell’ambiente compare la Fondazione europea per il clima.

LA FONDAZIONE EUROPEA PER IL CLIMA
www.europeanclimate.org

La Fondazione Stordalen, sempre attraverso Nordic Choice Hotels, ha sostenuto la European Climate Foundation, come uno degli otto principali donatori negli anni 2011-2012. La ECF è stata fondata nel 2008 per promuovere politiche climatiche ed energetiche che riducano notevolmente le emissioni di gas serra in Europa e aiutino l’Europa a svolgere un ruolo di leadership internazionale ancora più forte nel mitigare il cambiamento climatico. L’organizzazione ha i suoi propri progetti, ma sostiene anche una serie di organizzazioni per il clima in Europa finanziariamente e strategicamente. Gunhild A. Stordalen ha fatto parte del consiglio di sorveglianza dal 2010 al 2012.

E ancora, la Zero Emissions Resource:

ZERO
www.zero.no

La Zero Emissions Resource Organization (ZERO) lavora per delimitare il cambiamento climatico causato dalle attività umane e creare soluzioni che aiutino a soddisfare la crescente domanda di energia non dannosa per il clima. ZERO parte dal presupposto che in ogni settore dell’economia ci sono alternative tecnologiche che sono prive di emissioni. Si sforza di promuovere queste opportunità tra i politici e gli uomini d’affariGunhild A. Stordalen fa parte del consiglio dal 2008. È stata direttamente coinvolta nella conferenza ZERO, la più grande conferenza sul clima in Scandinavia sulla crescita verde e le soluzioni senza emissioni. ZERO è stata sostenuta direttamente dalla Fondazione Stordalen e da Nordic Choice Hotels fino al 2013.

Usare la scienza attraverso fondazioni costruite ad hoc – finanziate con gli alberghi del miliardario Petter Stordalen – per modificare i comportamenti dei consumatori. Quelli alimentari con la Eat Foundation, fondata dalla moglie Gunhild nel 2013, e quelli ambientali con il GreenHudge, il cui direttore esecutivo è sempre Gunhild e che – si legge sul sito – fornisce competenze e indicazioni relative al programma di ricerca scientifica GreeNudge e alle applicazioni dell’economia comportamentale per ottenere cambiamenti comportamentali tra i consumatori. Anche attraverso un team di psicologi.

Ma se le multinazionali del Food sono i partner della Piattaforma di affari (WBCSD) che si basa sui lavori della Lancet per imporre una Dieta unica, ad avere interessi nei cambiamenti ambientali dei consumatori è lo stesso Stordalen che nel 2009 ha acquistato il 67% delle azioni di ECOHZ, tra i principali fornitori indipendenti in Europa il cui portafoglio comprende energia rinnovabile documentata da più di 400 centrali elettriche in 6 continenti. Il portafoglio comprende elettricità rinnovabile generata da energia idroelettrica, eolica, bioenergia, solare e geotermica.

Ma come funziona negli altri Paesi?

In Francia hanno il Decret Plage: tutto in mano allo Stato francese e alle prefetture.

https://www.legifrance.gouv.fr/loda/id/LEGITEXT000006053761

Le concessioni demaniali marittime in Croazia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna

https://temi.camera.it/leg17/post/le_concessioni_demaniali_marittime_in_croazia__francia__grecia__portogallo_e_spagna.html?tema=temi/gli_immobili_pubblici

Croazia

In Croazia, il demanio marittimo è menzionato in Costituzione. L’art. 52 della Carta costituzionale adottata nel 1990 stabilisce, infatti, che il mare, le spiagge e le isole (oltre ad altri beni naturali elencati) sono di interesse primario per la Repubblica e devono godere di speciale protezione. Spetta poi alla legge regolarne l’uso e lo sfruttamento da parte dell’ente proprietario o di soggetti che possono vantare su di essi diritti di altra natura (perché concessionari, ad esempio), così come devono essere precisate con la stessa fonte le limitazioni e restrizioni al predetto uso.

Le condizioni e i modi di utilizzo del demanio marittimo sono stati disciplinati dal Maritime Domain and Seaports Act n. 11/2002  , nel quale, oltre ad essere ribadito il precetto costituzionale di speciale tutela accordata dalla Repubblica ai beni demaniali marittimi (art. 2), si precisa che gli stessi consistono nelle acque del mare costiero e territoriale, nei relativi fondali e sottosuoli, nonché nella sezione di terra per sua natura finalizzata all’uso generale e in tutte le risorse naturali che con questa confinano, sopra o sotto la superficie. Gli elementi che possono essere considerati annessi alla richiamata porzione di terreno sono tassativamente elencati.

Una delle particolari fattispecie di gestione e dell’uso commerciale del demanio marittimo è la concessione in uso ai privati di beni demaniali dello Stato.

La concessione è un diritto che esclude una parte del demanio marittimo dall’uso generale parzialmente o in totale e lo concede all’uso speciale o commerciale delle persone giuridiche o persone fisiche iscritte come artigiani. La concessione può essere assegnata per l’uso commerciale del demanio marittimo o per l’uso speciale del demanio marittimo.

La concessione per l’uso commerciale del demanio marittimo permette lo svolgimento delle attività economiche, con o senza l’utilizzo degli edifici esistenti o di altre strutture nel settore marittimo, e viene assegnata su domanda del richiedente mediante una gara pubblica.

I requisiti che la persona fisica o giuridica deve soddisfare per ottenere la concessione per l’uso commerciale del demanio marittimo sono i seguenti:

–     deve essere iscritta nel registro pubblico per lo svolgimento dell’attività per la quale richiede la concessione;

–     deve disporre delle competenze professionali, tecniche e organizzative adeguate per la realizzazione della concessione richiesta;

–     deve garantire il raggiungimento dei piani e dei programmi per la realizzazione della concessione;

–     deve assicurare che tutti gli obblighi relativi alle concessioni precedenti siano stati adempiuti;

–     infine, la concessione non deve essere stata revocata precedentemente.

Il possesso dei requisiti di cui al punto 2 e 3 si dimostra attraverso lo studio della fattibilità economica, che comprende l’importo degli investimenti e il metodo d’ammortamento.

La concessione viene rilasciata per il periodo da 5 a 99 anni, a seconda dello scopo e dell’importo degli investimenti necessari e di tutti gli effetti economici complessivi che saranno raggiunti con la concessione.

Per l’uso commerciale del demanio marittimo o per la costruzione di edifici di importanza regionale, la concessione può essere rilasciata dal governo regionale per un periodo massimo di 20 anni, mentre il procedimento preparatorio è condotto dall’ufficio amministrativo regionale.

La concessione che prevede la costruzione degli edifici di rilevanza nazionale può essere rilasciata dal Governo per un periodo di 50 anni, mentre il procedimento preparatorio è condotto dal Ministero competente.

Infine, le concessioni che comportano la costruzione di nuovi immobili di importanza nazionale ma che richiedono maggiori investimenti non ammortizzabili in cinquanta anni, possono essere rilasciate dal Governo per un periodo superiore, previo assenso del Parlamento. In via derogatoria, su richiesta del concessionario, la durata della concessione può essere estesa fino a 60 anni se, come nel caso precedente, vi siano nuovi investimenti o si sia verificata una causa di forza maggiore.

Oltre alle concessioni, l’istituto che permette l’uso del demanio marittimo a fini economici è anche il “permesso di concessione”, rilasciato su richiesta di persone giuridiche e persone fisiche registrate come artigiani. Il richiedente ottiene il diritto d’uso del demanio marittimo senza escludere o limitare l’uso generale dello stesso. Il permesso di concessione viene rilasciato per un periodo massimo di 5 anni.

Le attività per le quali può essere rilasciato il permesso di concessione sono determinate dal Governo, sulla base del piano annuale di gestione per il settore marittimo. Le attività per le quali è stato possibile finora ottenere un permesso di concessione comprendono: il trasporto dei passeggeri; il noleggio delle barche; il trasporto delle merci; la depurazione delle acque marine; l’apertura di ristoranti e negozi (chioschi, edifici a terrazzo, etc.); l’avvio di attività commerciali e ricreative (parchi acquatici, parchi di divertimenti, noleggio di ombrelloni e sdraio, etc.); l’apertura di scuole di vela, canottaggio e nuoto; la formazione subacquea e le relative escursioni.

Il permesso di concessione può essere rilasciato dal “Consiglio per il rilascio dei contratti di concessione”. La richiesta deve essere presentata al Consiglio, attraverso la città o il comune di appartenenza. Inoltre, colui che richiede l’autorizzazione può essere qualsiasi persona fisica o giuridica registrata per l’attività per la quale si chiede il rilascio.

Francia

  1.  La titolarità del demanio marittimo

Nell’ordinamento francese il demanio marittimo è regolato dal Code général de la propriété des personnes publiques   (CGPPP), emanato con l’Ordonnance n. 2006-460 del 21 aprile 2006. L’attuale codice, entrato in vigore il 1° luglio 2006 al termine di una lunga e complessa gestazione, ha abrogato pressoché interamente il previgente Code du domaine de l’Etat, riscrivendo la disciplina applicabile ai beni ed al patrimonio pubblico.

Il CGPPP dedica alcuni articoli al demanio marittimo, tra cui l’art. L2111-4   ai sensi del quale il demanio pubblico marittimo naturalecomprende il suolo ed il sottosuolo del mare compreso tra il limite esterno del mare territoriale e la riva del mare, il suolo e il sottosuolo degli stagni salati in diretta comunicazione con il mare, alcune tipologie di laghi salati e depositi alluvionali, nonché le aree di territorio riservate, acquisite dallo Stato al fine di soddisfare necessità di interesse pubblico di ordine marittimo, balneare o turistico. La consistenza del demanio pubblico marittimo naturale è, dunque, definita sulla base di una constatazione di fatto fondata sul risultato dell’azione degli agenti naturali rispetto all’ambiente marino. Tuttavia, per conferire maggiore certezza giuridica alla individuazione dei beni appartenenti alla categoria e ridurre le possibilità di contenzioso a riguardo, il sistema francese ha previsto una ulteriore e più rigorosa procedura volta alla loro puntuale delimitazione.

Vi sono, infine, alcune caratteristiche comuni a tutti i beni demaniali. L’art. L3111-1   stabilisce, infatti, che questi sono inalienabili e imprescrittibili, mentre l’art. L3111-2   precisa che il demanio marittimo, come quello fluviale, può essere riservato di diritto o concesso a terzi secondo i modi prescritti dalla legge.

  1.  La distribuzione delle competenze amministrative e il potere di rilascio delle concessioni

L’art. L2124-1   prevede che la decisione su quale uso ammettere per una certa porzione di demanio debba tener conto della vocazione delle zone interessate nonché di quelle limitrofe e, allo stesso tempo, degli obiettivi di conservazione del litorale e delle risorse biologiche ivi presenti. In tal modo, la discrezionalità dell’amministrazione competente riceve due criteri atti a guidarne, senza indebita compressione, la scelta di programmazione cui poi fa seguito l’esercizio delle funzioni di gestione dei beni.

L’art. L2124-4   ribadisce che l’accesso alle spiagge ed il loro uso devono essere liberi e gratuiti. Questa disposizione prevede, in specie, che l’accesso è libero salvo che non vi siano giustificati motivi di sicurezza, difesa nazionale o di protezione ambientale che giustifichino limitazioni particolari: l’uso libero e gratuito da parte della collettività costituisce, infatti, la finalità fondamentale delle spiagge così come la loro destinazione alle attività di pesca e maricoltura. Tale criterio, ai sensi del secondo comma dell’art. L2124-4, è applicabile anche alle concessioni di spiaggia, che devono in ogni caso preservare la libera circolazione e uso del litorale da parte del pubblico per un’area di ampiezza significativa lungo tutta la riva del mare.

In proposito, l’art. L2124-4 contiene due ulteriori indicazioni. La prima riguarda il rilascio e il rinnovo delle concessioni, che sono subordinati allo svolgimento di un’inchiesta pubblica. La seconda riguarda i soggetti cui viene assegnata la concessione, che deve essere accordata, in via prioritaria, alle città metropolitane e ai loro dintorni, ai comuni o ad associazioni di più comuni e, qualora tali soggetti rinuncino al loro diritto di prelazione, a persone giuridiche pubbliche o private previa pubblicità della procedura ed assegnazione concorrenziale.

Nel dettaglio, la disciplina dellaconcessione di spiaggia è stata introdotta nel sistema francese dal Décret n. 2006-608 del 26 maggio 2006, successivamente abrogato dal Décret n. 2011-1612 del 22 novembre 2011, che ha rifuso il contenuto del decreto del 2006 nella parte regolamentare del Code général de la propriété des personnes publiques (artt. R2124-13 e ss.  ).

L’art. R2124-13   imputa allo Stato, a mezzo del prefetto, il rilascio delle concessioni di spiaggia aventi ad oggetto lo sviluppo, lo sfruttamento e la conservazione di specifici tratti di litorale. In tutti i casi, il concessionario è autorizzato ad occupare una parte dello spazio concesso per l’installazione di strutture e lo sfruttamento di attività riconducibili al servizio pubblico balneare. La norma successiva (art. R2124-14  ) ammette, inoltre, che il concessionario conferisca, a mezzo di apposita convenzione di sfruttamento, a uno o più subconcessionari lo svolgimento di tutte o parte delle attività oggetto del proprio titolo abilitativo, ivi compresa anche la percezione dei proventi dalle stesse derivanti. In questa ipotesi, la durata del titolo di subconcessione non può comunque eccedere quella della concessione principale.

L’art. R2124-16   pone ulteriori limiti alle concessioni di spiaggia rispetto a quelli previsti dall’art. L321-9   del Codice dell’ambiente (Code de l’environnement), tra cui si segnala quello secondo il quale, rispetto alla superficie dell’area demaniale interessata, almeno l’80% della lunghezza del litorale e della superficie della spiaggia deve rimanere libero da qualunque struttura, equipaggiamento o installazione. A ciò deve aggiungersi che sulle spiagge sono permessi solamente equipaggiamenti e strutture amovibili o trasportabili, che non presentano alcun elemento in grado di ancorarle in modo durevole al suolo e il cui valore sia compatibile con la finalità accordata al bene demaniale rispetto alla durata della sua occupazione. Inoltre ogni installazione fatta sulla spiaggia deve essere concepita in modo da poter permettere, alla fine del periodo di vigenza del rapporto, il ritorno dell’area allo stato iniziale.

Il sistema francese pare, dunque, fortemente orientato verso la tutela ambientale del demanio marittimo e, allo stesso tempo, tende a favorire l’uso generale dei relativi beni rispetto alle altre modalità di sfruttamento. Questa interpretazione è rafforzata dalla lettura di due principi, entrambi contenuti nel citato art. R2124-16. Il primo è quello in base al quale la superficie della spiaggia deve essere libera da ogni struttura amovibile o trasportabile per un periodo, definito nella concessione, che non può eccedere i sei mesi. Il secondo è riferito alla possibilità che l’amministrazione concedente goda della facoltà di determinare le strutture autorizzate sulla spiaggia in ragione dell’assetto e della frequentazione della medesima, nonché del livello dei servizi offerti nelle aree limitrofe a quella oggetto di concessione.

  1.  Le procedure di scelta del contraente

L’art. R2124-21   stabilisce che il procedimento per il rilascio della concessione è condotto dal prefetto competente, cui spetta informare la collettività o l’associazione di comuni interessata dell’intenzione di operare un’assegnazione o un rinnovo oppure di aver ricevuto una domanda di assegnazione non proveniente dal comune o dal raggruppamento di comuni competente. A decorrere dalla data dell’informativa, gli interessati dispongono di due mesi per far valere il loro diritto di prelazione.

Qualora intendano esercitare tale diritto, l’art. R2124-22   dispone che il comune o il raggruppamento di comuni presenti al prefetto entro sei mesi un dossier contenente i documenti elencati in detta norma, che sarà oggetto (art. R2124-23  ) di un apposito procedimento amministrativo e di un’inchiesta pubblica.

Se il diritto di prelazione non viene fatto valere, l’attribuzione della concessione è sottomessa ad una procedura di valutazione comparativa ai sensi dell’art. 38   della Loi n. 93-122 del 29 gennaio 1993 (c.d. Loi Sapin), relativa alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza della vita economica e delle procedure pubbliche (art. R2124-24  ).

In entrambe le ipotesi considerate, al termine dell’inchiesta pubblica, il prefetto si pronuncia sulle domande di concessione pervenute e può decidere di assegnare il titolo nonostante sia stato espresso in sede di dibattito un avviso contrario, a condizione di motivare adeguatamente la sua scelta (art. R2124-28  ).

Nel caso in cui il concessionario sia un’amministrazione locale e la stessa deliberi di adottare una convenzione di sfruttamento, la disciplina di riferimento è quella delle delegations de service public di cui agli artt. L1411-1 e ss.   del Code général des collectivités territoriales. Si tratta di una procedura concorrenziale sul genere delle procedure ristrette previste dal diritto comunitario. Se, invece, il concessionario non è un’amministrazione locale, si applica una procedura di gara aperta, con la presentazione di più offerte concorrenti tra cui sarà scelta quella ritenuta migliore per l’attività della subconcessione. Anche in questa ipotesi i progetti di convenzione sono sottomessi al parere del prefetto (art. R2124-32  ).

  1.  La durata delle concessioni

L’art. R2124-13   stabilisce che la durata delle concessioni di spiaggia finalizzate allo sfruttamento, sviluppo e manutenzione di specifici tratti di litorale non possa eccedere i dodici anni. Nulla si dice, invece, circa la durata temporale delle previste ipotesi di sub concessione, ma com’è stato già rilevato, il successivo articolo R2124-14   stabilisce che la loro scadenza non può eccedere quella del provvedimento principale. Si tratta del termine di durata più breve rispetto a quello previsto in altri paesi (Croazia, Portogallo, Spagna) ed anche dell’unico che non prevede eccezioni o casi di esenzione o deroga rispetto al disposto generale. In proposito, si è sostenuto che una tale stringente indicazione, nonostante sia inserita nella normativa regolamentare e dunque non in una fonte primaria, ha validità solo in quanto riferita a concessioni rilasciate direttamente dallo Stato (a mezzo del prefetto) aventi ad oggetto beni su cui lo stesso ha chiara titolarità. Se si guarda, infatti, alle disposizioni generali sulle concessioni di cui alla già citata Loi Sapin, si può rilevare l’inesistenza di un termine massimo alla loro durata in valore assoluto, fatte salve alcune specifiche eccezioni. Peraltro, diverse circolari intervenute in materia avevano disposto che la durata delle concessioni in questione fosse, rispettivamente, di quindici anni per le spiagge naturali e di ben trenta per quelle artificiali: la previsione introdotta dall’art. 1, comma 1, del Décret n. 2006-608 (attuale art. R2124-13) ha comportato, quindi, una generalizzata riduzione dei titoli abilitativi già accordati alla loro scadenza.

La breve durata della concessione di spiaggia nel sistema francese rappresenta un’eccezione rispetto agli altri contesti europei e trova giustificazione nelle già richiamate ragioni di tutela ambientale e di necessaria attenzione per la conservazione dello stato dei beni demaniali marittimi, secondo principi che negli ultimi anni sono stati fortemente rivalutati e rafforzati anche dal diritto comunitario attraverso le norme in tema di gestione integrata delle coste.

  1.  L’imputazione dei proventi

In Francia non esistono disposizioni generali relative alla determinazione e imputazione dei proventi derivanti dalle concessioni demaniali marittime e, in specie, dalle concessioni di spiaggia.

A riguardo, si può, tuttavia, fare riferimento ad alcuni principi generali tratti dal Code général de la propriété des personnes publiques (CGPPP).

Innanzitutto, ai sensi dell’art. L2125-1   del CGPPP, ogni occupazione o uso del demanio pubblico comporta il pagamento di un canone. Il principio è suscettibile di deroga solamente quando l’occupazione riguardi l’installazione, da parte dello Stato, di strutture dedicate alla sicurezza stradale oppure qualora ricorrano alcune ipotesi nelle quali la sussistenza di un interesse pubblico comporti un uso gratuito del bene.

In secondo luogo, l’ammontare del canone che il concessionario è tenuto a corrispondere all’amministrazione deve tener conto dei vantaggi di qualunque natura egli ricavi dall’occupazione o dall’utilizzo del demanio pubblico (art. L 2125-3  ).

In terzo luogo, l’art. L2125-2   prevede, sia pure con riferimento alle opere di canalizzazione dell’acqua potabile, che vi siano talune “redevances susceptibles d’être perçues par l’Etat en raison de l’occupation de son domaine public”. Ciò vuol dire che, come nel sistema italiano, la titolarità sul bene comporta la percezione dei proventi che dall’uso speciale dello stesso provengono e, dunque, si può trarre la conclusione che, nel caso in esame, i proventi derivanti dalla percezione dei canoni spettino al livello statale.

Se, però, si guarda ai criteri di determinazione dei canoni, ci si accorge che l’assetto francese presenta una forte criticità rispetto a ciò che avviene nel nostro Paese.

Il sistema si fonda, infatti, su una competenza rimessa ai Départements che, a livello regionale, adottano proprie tabelle relative a ciascun tipo di titolo abilitativo. Queste indicazioni possono, quindi, essere molto diverse da territorio a territorio e presentare delle differenze difficilmente giustificabili a parità di concessione. In più, spesso si assiste alla ratifica o reiterazione di canoni immutati da anni.

Pertanto, in Francia non esiste una differenziazione delle tariffe a seconda del tipo di utilizzo che il concessionario farà del demanio marittimo, ciò nonostante il vigore del richiamato principio di cui all’art. L2125-3 del CGPPP che collega la redditività dell’uso ai vantaggi dallo stesso derivanti. Inoltre, non viene considerato quale elemento essenziale del canone il grado di frequentazione reale delle spiagge da parte della collettività, da cui invece può derivare una significativa variazione dei proventi in favore del concessionario, con ciò mostrandosi la misura dell’effettiva redditività dei litorali interessati [1].

Grecia

In Grecia, le questioni relative all’autorizzazione allo svolgimento delle attività turistiche sulle spiagge sono regolate dalla Legge n. 2971 del 2001e, in particolare, dagli articoli da 13 a 15. Essi hanno previsto delle procedure di selezione che garantiscono imparzialità e trasparenza, pertanto già in linea con quanto in seguito sanciranno i principi contenuti nella Direttiva 2006/123/CE   (direttiva Bolkestein o direttiva “servizi”).

Le gare (o aste pubbliche) avvengono in tutti i casi in cui si rende necessaria la concessione di un’autorizzazione, con l’unica eccezione degli hotel che si trovano di fronte alla spiaggia, per i quali proprio la specifica posizione sulla spiaggia giustifica una deroga.

Questi hotel, infatti, sulla base di quanto stabilito dall’articolo 13, comma 4, della legge suddetta, possono ottenere, a determinate condizioni previste dalla legge, un’autorizzazione annuale all’esercizio della loro attività.

A partire dalla legge del 2011, tutte le costruzioni permanenti, gli atti di acquisto relativi ed ogni altra modifica del territorio urbano sono proibiti entro 100 metri dal litorale, se non è stato adottato il provvedimento amministrativo di delimitazione della battigia, o se non è stata completata la spiaggia o la delimitazione della battigia già esistente.

Gli articoli 14 e 15 della legge in questione prevedono, inoltre, la possibilità di concedere in leasing lo sfruttamento delle coste e delle spiagge per fini relativi al commercio e all’industria o per altri scopi valutati di pubblica utilità. Non devono essere, inoltre, alterate le caratteristiche morfologiche della costa o della spiaggia e l’amministrazione ha il diritto di recedere unilateralmente.

La Direttiva Bolkestein è stata successivamente attuata con la Legge 3544 del 2010. Di conseguenza, tutte le semplificazioni amministrazioni previste da tale legge fanno adesso parte della legislazione nazionale greca.

Portogallo

In Portogallo, il regime delle concessioni demaniali marittime è disciplinato dal Decreto legge 226-A/2007   del 31 maggio 2007, attuativo della Legge n. 58/2005   (Lei da Água) che a sua volta ha recepito la direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque).

Tale decreto stabilisce, in linea generale, che lo sfruttamento a fini turistici delle spiagge demaniali possa avvenire solo a seguito di un procedimento concorsuale che attribuisca il relativo titolo. Permangono ancora, tuttavia, a fronte di tale sistema concorrenziale, delle prerogative riconosciute ai titolari delle concessioni originarie.

Il decreto prevede, infatti, due distinti titoli che legittimano l’attività dei privati sulle spiagge demaniali a fini turistici.

L’articolo 21, comma 1, lettera c), dispone in particolare che la licenza riguardante l’installazione delle attrezzature da spiaggia sia attribuita attraverso una procedura concorsuale.

Tale principio incontra però una deroga nel comma 7 dell’articolo 21, il quale prevede che il concessionario uscente possa esercitare un diritto di prelazione ed essere quindi preferito agli ad altri concorrenti per quel che riguarda l’assegnazione della suddetta licenza (si tratta della medesima norma che la Commissione europea ha fatto abrogare all’Italia con la procedura di infrazione del 2009).

Si stabilisce, in altri termini, che il titolare del diritto di concessione possa manifestare all’autorità competente l’interesse a continuare a utilizzare il titolo almeno 1 anno prima della cessazione dello stesso, godendo quindi del diritto di preferenza, qualora, entro 10 giorni dall’aggiudicazione concorsuale della concessione, manifesti l’intenzione di adempiere alle condizioni alle quali è stata aggiudicata la licenza.

Gli articoli 23 e 24 prevedono, a loro volta, che il titolo abilitante l’installazione e il contemporaneo utilizzo delle attrezzature da spiaggia sia la concessione, anche essa da attribuire in linea di principio attraverso procedimento concorsuale. In particolare, l’articolo 23 opera un rinvio all’articolo 63 dello stesso decreto, il quale specifica (commi da 1 a 3) cosa si debba intendere per “attrezzature ed equipaggiamenti per lo svolgimento dell’attività di sfruttamento della spiaggia a fini turistici”.

Il comma 2 dell’articolo 35 dispone, peraltro, che, qualora il titolare della concessione originaria abbia realizzato investimenti addizionali rispetto a quelli in origine previsti e venga dimostrato che non è stato possibile recuperare il valore di tali investimenti, possa richiedere all’autorità competente o il rimborso degli investimenti non recuperati o la proroga della concessione per un periodo massimo di 75 anni.

In Portogallo, dunque, permane un regime transitorio nel lungo periodo che non attua totalmente la “Direttiva Bolkestein”, dato che lo stesso, seppur incentrato sulle procedure concorsuali, tende ancora ad attribuire particolari prerogative ai titolari originari delle concessioni.

Spagna

L’articolo 132 della Costituzione spagnola del 1978 stabilisce che:

“1. La legge regolerà il regime giuridico dei beni del demanio pubblico o comunali, ispirandosi ai principi di inalienabilità, imprescrittibilità e insequestrabilità, così come la loro classificazione.

2. Sono beni del pubblico demanio statale quelli che la legge determina e, in ogni caso, la zona marittimo-terrestre, le spiagge, il mare territoriale e le risorse naturali della zona economica e la piattaforma continentale.

3. Per legge si regoleranno il Patrimonio dello Stato e il Patrimonio Nazionale, la loro amministrazione, difesa e conservazione”.

Al momento dell’entrata in vigore della Costituzione la normativa in materia di demanio marittimo e di coste era costituita essenzialmente dalla Ley de Aguas del 1866 e dalla Ley de Costas del 1969, le quali avevano costituito un quadro favorevole alla privatizzazione del demanio.

Nel 1988 il Parlamento spagnolo approvò la Ley 22/1988  , de 28 de julio, de Costas, che contiene la normativa generale vigente sulle coste[2].

La legge[3] ha per oggetto la determinazione, la protezione, l’utilizzo e la manutenzione del demanio pubblico marittimo-terrestre e specialmente della riva del mare. L’amministrazione pubblica è tenuta a:

–     realizzare la demarcazione del demanio pubblico marittimo-terrestre[4] e assicurare l’integrità e adeguata conservazione di questo, adottando, se del caso, le misure di protezione e restauro necessarie;

–     garantire l’uso pubblico del mare, della riva e del resto del demanio pubblico marittimo-terrestre, con le sole eccezioni derivanti da ragioni di interesse pubblico debitamente giustificate;

–     regolare l’utilizzo razionale di tali beni in maniera adeguata alla loro natura, ai loro fini e nel rispetto del paesaggio, dell’ambiente e del patrimonio storico;

–     conseguire e mantenere un adeguato livello di qualità delle acque e della riva del mare.

Nella sua formulazione originaria la legge individuava i beni del demanio pubblico marittimo-terrestre statale[5]nella riva del mare e dei fiumi, che tuttora include (art. 3  ):

–     la zona marittimo-terrestre

–     le spiagge o zone di deposito dei materiali sciolti.

L’art. 4   individuava altri beni con caratteristiche analoghe e li includeva nella stessa categoria demaniale, tra cui: a) gli accessi alla riva del mare per deposito di materiali o per ritiro del mare, indipendentemente dalle cause; b) i terreni incorporati dai concessionari per completare la superficie di concessione; c) le opere e le installazioni costruite dallo Stato sul demanio; d) i porti e le installazioni portuali statali.

L’intervento normativo del 1988, nel rispetto anche del dettato costituzionale, si poneva contro la privatizzazione del demanio, rimarcando il carattere pubblico delle coste. Essa stabiliva la possibilità da parte dell’amministrazione di reclamare il diritto sui suoli privatizzati, trattandosi di beni inalienabili e imprescrittibili, quindi non acquisibili da privati.

Fu pertanto rideterminata la linea del demanio e ampliato il demanio dello Stato, nella volontà di ribadire il carattere pubblico delle coste. In questo spostamento della linea demaniale molte proprietà private divennero di proprietà pubblica.

Nella fase applicativa della stessa, sorsero una serie di problemi. Nel caso di costruzioni già esistenti, se il demanio pubblico marittimo-terrestre non era segnalato in maniera chiara, una costruzione privata passava al demanio pubblico mediante la demarcazione, pur non essendo effettuate forme di esproprio o confisca, considerandosi tali costruzioni rientranti nel demanio dal momento della loro costruzione. Tuttavia, sebbene i privati interessati dal provvedimento non avessero diritto a una compensazione, fu riconosciuta loro una concessione della durata di trenta anni[6].

Al centro delle polemiche risultarono anche le delimitazioni della servitù di inedificabilità, fissata a 20 metri sul suolo urbano e 100 metri sul suolo urbanizzabile, nonché la determinazione della servitù nell’accesso pubblico al mare, vale a dire 500 metri per il traffico carrabile e 200 metri per quello pedonale.

Nel 2013 la Ley 2/2013, de 29 de mayo, de protección y uso sostenible del litoral y de modificación de la Ley 22/1988, de 28 de julio, de Costas  , ha modificato la Ley 22/1988, stabilendo un nuovo regime di proroga straordinaria e selettiva delle concessioni riconosciute[7].

La proroga delle concessioni esistenti è soggetta a un rapporto ambientale che indichi gli effetti dell’occupazione sull’ambiente ed espliciti le condizioni per garantire la protezione del demanio pubblico marittimo e terrestre.

Il nuovo quadro giuridico intende fornire anche una maggiore certezza giuridica alle relazioni che riguardano il litorale, in particolare tutelando i diritti dei legittimi proprietari di abitazioni e suoli non aventi un impatto negativo sull’ambiente costiero. Ciò è garantito mediante: a) la determinazione del concetto di demanio pubblico marittimo-terrestre; b) i miglioramenti introdotti nel procedimento di demarcazione; c) la modificazione del regime delle concessioni e delle autorizzazioni, così come le limitazioni alla proprietà privata dei terreni contigui al demanio pubblico.

La legge integra la definizione del demanio pubblico marittimo-terrestre, per quanto concerne in particolare la zona marittimo-terrestre e le spiagge. Essa stabilisce che nella fissazione del limite interno della zona marittimo-terrestre, vale a dire il luogo in cui siano giunte le onde delle maggiori tempeste conosciute, si tengano presenti criteri tecnici da stabilire in via regolamentare; sono inoltre esclusi dal demanio pubblico i terreni inondati artificialmente (salvo quelli che già erano demaniali prima dell’inondazione), a meno che non siano navigabili.

Sono disciplinate inoltre le conseguenze della revisione dei confini per alterazione del demanio pubblico marittimo-terrestre e si introducono regole speciali per realizzare alcune demarcazioni. Sono esclusi dalla nuova disciplina i terreni di alcuni nuclei popolati, ad esempio quelli il cui degrado o le cui caratteristiche fisiche li rendono non necessari ai fini della protezione o dell’utilizzo del demanio pubblico marittimo-terrestre.

Per quanto concerne il regime delle concessioni, è elevato il termine massimo di durata delle concessioni che passa a settantacinque anni. Inoltre, accanto alla trasmissione mortis causa delle concessioni, è ora possibile anche la trasmissione tra viventi. In caso di morte del concessionario, i suoi successori sono tenuti a comunicare la volontà di succedere entro quattro anni; nel caso di trasmissione tra viventi è richiesta la previa autorizzazione dell’amministrazione.

Alcune categorie di occupanti non concessionari possono richiedere una concessione ai sensi della nuova disciplina; coloro che sono già titolari di una concessione possono mantenere il loro diritto e, all’estinzione dello stesso, beneficiare della proroga straordinariao richiedere una nuova concessione. La proroga straordinaria per le concessioni esistenti è stabilita in favore delle concessioni che, in base al termine trentennale di cui alla legge del 1988, sarebbero scadute nel 2018. Anche la durata massima della concessione straordinaria è fissata in settantacinque anni.

Sono soggette ad autorizzazione amministrativa le attività che, pur senza comportare opere o installazioni di alcun tipo, presentano circostanze speciali di intensità, pericolosità o redditività, e allo stesso tempo occupazione del demanio pubblico marittimo con installazioni smontabili o con beni mobili. La durata delle autorizzazioni è elevata da un anno a quattro anni.

La principale novità in relazione alla zona di servitù di protezione concerne gli edifici che legittimamente vi insistono e ai cui proprietari è consentito effettuare opere di riparazione, miglioramento, modernizzazione e consolidamento, a condizione che esse non implichino aumento di volume, altezza e superficie e che rispettino requisiti di efficienza energetica e di risparmio d’acqua.

In determinati casi, tuttavia, la larghezza della servitù è portata da 100 a 20 metri; tale riduzione è, ad esempio, contemplata, in termini eccezionali, nei margini dei fiumi dove siano sensibili le maree.

La legge prevede, infine, che ai beni dichiarati di interesse culturale che occupano il demanio pubblico marittimo-terrestre si applichi il regime concessionario; l’amministrazione decide sulla relativa concessione entro un anno dalla data di dichiarazione di interesse culturale.