News4 Maggio 2023 13:07

Governo Meloni tutela Pmi italiane. Financial Times attacca: Mette a rischio investitori stranieri

Omologazione delle Multinazionali teme la biodiversità economica del Made in Italy?

Il Governo meloni punta i riflettori e sostiene le piccole e medie imprese italiane, ma questo sembra dar fastidio ai Paesi concorrenti stranieri caratterizzati da strutture economiche portanti legate alle multinazionali.

Capita spesso il paradosso per cui gli imprenditori italiani si trovino a pagare tasse per finanziare le multinazionali che sul territorio italiano minacciano la chiusura, mettendo così a rischio migliaia di posti di lavoro. Le stesse multinazionali che di fatto fanno concorrenza alle Pmi italiane, le quali indirettamente si trovano a finanziare, loro malgrado, l’operatività delle prime.

Dunque un antico scontro tra piccola impresa – dietro cui spesso troviamo la biodiversità economica rappresentata dal volto di un singolo imprenditore o di una famiglia – e l’omologazione del logo dei big dell’economia e dell’industria.

“Il governo nazionalista di Giorgia Meloni sta mettendo a dura prova gli investitori stranieri. Lunedì l’Italia ha utilizzato il suo ‘golden power’ per salvaguardare i livelli occupazionali in quattro stabilimenti italiani che producono lavatrici e altri elettrodomestici”. È quanto scrive il Financial Times in un commento a firma di Camilla Palladino dal titolo “Nuova svolta dell’Italia sulla sicurezza nazionale”, in cui si legge: “Il governo Meloni sta intervenendo in un accordo annunciato a gennaio che unirebbe le attività di Whirlpool in Europa, Medio Oriente e Africa con quelle di Arcelik. La nuova società, con ricavi annui previsti di 6 miliardi di euro, sarebbe in gran parte di proprietà del gruppo turco. Ma l’Italia ha stabilito che accetterà la transazione solo se rimarranno attivi gli stabilimenti italiani di Whirlpool, che impiegano 4.600 persone”.

Si tratta di “una posizione audace” secondo il quotidiano britannico, il quale fa notare che né Whirlpool né Arcelik sono italiane anche se la prima, che ha acquistato Indesit nel 2014, “è fortemente presente nel paese”. La decisione del governo “viene riportata a livello nazionale con il linguaggio educato della sicurezza strategica”, scrive Palladino, la quale però sostiene che si tratta in realtà di “protezionismo puro e semplice”.

Secondo gli investitori, la premier “sembra determinata a forzare le regole del golden power per giustificare una posizione più interventista nel mondo imprenditoriale”, osserva il Financial Times, il quale sottolinea che Meloni può contare sul fatto che queste norme sono abbastanza elastiche, e dunque “il governo ha ampio margine di manovra per stabilire ciò che considera strategico e può imporre sanzioni alle società che non richiedono l’approvazione per transazioni che esso ritiene debbano essere valutate”. Risultato: le aziende “tendono a richiedere l’autorizzazione preliminare su quasi tutte le loro attività”. Questo garantisce alla premier “una posizione di forza così da utilizzare il golden power per proteggere i posti di lavoro”.

Una carta che, secondo il FT, la presidente del Consiglio potrebbe giocare anche in altri casi, per esempio quello di Electrolux. Pare che sia in piedi un’offerta di acquisizione da parte della cinese Midea. Ma il gruppo svedese possiede diversi stabilimenti in Italiae dunque, “se dovesse concretizzarsi una transazione, Meloni potrebbe essere tentata ancora una volta di imporre come condizione il mantenimento dei posti di lavoro locali”, scrive Palladino.

Questo potenziamento dell’“arsenale protezionistico italiano” sarà sicuramente “una notizia sgradita per molti investitori”, commenta il quotidiano di Londra. Innanzitutto perché se la logica delle fusioni e acquisizioni è quella di tagliare i costi, “l’imposizione di condizioni che tutelino i posti di lavoro potrebbe far fallire le operazioni”. E se anche si giunge a un accordo, “non è detto che imporre condizioni per tenere aperti stabilimenti improduttivi sia una soluzione a lungo termine ai problemi economici”. Più in generale, “la percezione che il governo italiano sia disposto aforzare le regole potrebbe scoraggiare gli investimenti nel paese”.

Il Financial Times evidenzia del resto come Meloni non sia l’unica a dare prova di protezionismo. Lo hanno fatto anche i governi precedenti, con Alitalia per esempio. E anche altri paesi hanno “istinti simili”, come la Francia e la Spagna.

In ogni caso, “l’ultima mossa dell’Italia può non essere favorevole agli investitori, ma è improbabile che provochi delle rotture. Ed è un bene dato che un paese fortemente indebitato ed esposto alle crisi come l’Italia sta finalmente vivendo un gradito momento di tregua sui mercati di capitali”.