News15 Maggio 2024 12:25

Rapporto Istat. In calo la popolazione italiana, si spopola il Mezzogiorno. Entro 50 anni -8,6 milioni cittadini. I DATI

Il territorio, con le sue specificità economiche, demografiche, sociali e culturali rappresenta un momento di sintesi delle complesse trasformazioni in atto a livello nazionale e globale, evidenziando potenzialità e vincoli a livello locale.

Nell’ultimo decennio la popolazione italiana diminuisce di oltre un milione di persone ed è il Mezzogiorno a subire il calo maggiore. Le previsioni demografiche di lungo periodo indicano un rafforzamento della tendenza allo spopolamento delle aree economicamente meno attrattive e all’invecchiamento. In prospettiva, saranno i più giovani e la popolazione attiva a diminuire, mentre crescerà in misura consistente la popolazione in età avanzata, soprattutto al Centro-Nord. Nel Mezzogiorno il fenomeno è già molto severo poiché la denatalità si associa da tempo alla ripresa dei flussi migratori.

La transizione demografica è avvenuta in contemporanea con unintensa crescita della popolazione nelle città. Oggi, e ancora di più nel futuro, si prospettano centri urbani sempre più affollati di residenti di 65 anni e più. Ciò comporta un’attenzione speciale affinché i grandi centri urbani possano essere laboratori in cui mettere in campo azioni e ridefinire spazi per invecchiare bene.

La forza economica rappresenta una chiave di lettura dei divari territoriali particolarmente efficace. Le diverse misure in quest’ambito mostrano il permanere degli squilibri tra Nord e Sud del Paese. Negli ultimi 20 anni non vi è stata l’auspicata convergenza verso la media Ue27 nell’ambito delle politiche di coesione: anzi, in molti casi il divario si è ampliato. Solo dal 2019 si è osservato un parziale recupero. 

Ai persistenti ritardi economici si associano manifestazioni di fragilità più diffuse nei territori e nella popolazione del Mezzogiorno. Emergono, tuttavia, anche segnali di vitalità e di innovazione, come quelli messi in luce con riferimento ai settori agricolo e culturale-creativo.

Il contesto territoriale: divari demografici, infrastrutture e servizi

• Nell’ultimo decennio (2012-2023) la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di unità 
(-1,8 per cento). Hanno subito un intenso declino demografico in prevalenza le regioni del Mezzogiorno (-4,7 per cento la variazione media della ripartizione, dovuta in buona parte alle migrazioni interne), a fronte di una perdita complessivamente trascurabile del Centro-Nord
(-0,3 per cento).

• Fra il 2002 e il 2012 la popolazione residente in Italia ècresciuta di oltre tre milioni di unità. Tale variazione ha interessato prevalentemente il Centro-Nord (circa il 90 per cento della quota aggiuntiva, un milione di persone nel solo Nord-ovest), soprattutto grazie a un saldo migratorio positivo, trainato dalla componente estera e residualmente dal Mezzogiorno, dove Molise, Basilicata e Calabria già in questo periodo hanno registrato una perdita di popolazione tra il 2 e il 3 per cento.

• Dal 2012, a livello medio nazionale l’indice di vecchiaia – dato dal rapporto tra popolazione di 65 anni e più e di età tra 0 e 14 anni – è aumentato di 44,7 punti (+61,4 dal 2002), a 193,1. La differenza massima si ha in Sardegna (88,3 punti), dove la popolazione residente è al contempo tra le più longeve d’Italia e con la fecondità più bassa.

• Le previsioni demografiche indicano una tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni.

• Il tema dell’accessibilità alle infrastrutture di trasporto è strettamente legato a quello della perifericità dei territori e alle strategie di pianificazione territoriale. Un quinto della popolazione italiana, circa 12 milioni di abitanti, risiede in Comuni con accessibilità elevata ai servizi, mentre in quelli con accessibilità scarsa (per lo più di Aree Interne) abita il 2,2 per cento circa dei residenti.

• In media il 55,5 per cento dei Comuni – in cui risiede l’84,7 per cento della popolazione – dista al massimo 15 minuti dall’ospedale dotato di Pronto soccorso o DEA (Dipartimenti di emergenza) di I o II livello più vicino, e Il 98,7 per centodella popolazione in Comuni distanti al massimo mezz’ora. 

• Sussistono notevoli differenze sul territorio, associate all’urbanizzazione: dista al più 15 minuti da un ospedale il 75,5 per cento dei Comuni lombardi, contro il 14,5 per cento dei Comuni della Basilicata (93,4 e 41,6 per cento le quote di popolazione).

• Nel 2022, in Italia si contano 4.416 musei, monumenti e aree archeologiche aperti al pubblico, di cui 473 (10,7 per cento) situati in Comuni metropolitani con il 51,7 per cento dei visitatori totali. 3.943 musei e istituti similari sono situati fuori delle grandi città, di cui oltre la metà in Comuni con alta accessibilità, con una media di 16.179 visitatori per museo, superiore al valore medio nazionale (13.222 visitatori), e a quello dei musei presenti in Comuni con bassa accessibilità (12.500).

• Il 61,8 per cento degli istituti museali ha adottato interventi di abbattimento delle barriere architettoniche volti a favorirne la fruizione per visitatori con disabilità, quali: installazione di servizi igienici a norma; rampe; cunei e scivoli. I musei nei grandi centri urbani hanno un livello di accessibilità tre volte superiore rispetto ai piccoli e medi centri, e quelli più distanti dai Comuni Polo hanno meno dotazioni e servizi per la disabilità.

• La scuola italiana dispone di un consistente patrimonio edilizio (nel 2023 oltre 61.300 edifici). Come già nel 2018, poco più del 16 per cento degli edifici non risulta servito dal trasporto pubblico. L’accessibilità è però complessivamente migliorata per tutti gli altri: il trasporto locale consente di raggiungerne agevolmente (fermata entro 250 metri) il 58,9 per cento (dal 53,9 nel 2018); quello inter-urbano (fermata entro 500 metri) il 47,4 per cento (dal 43,1 nel 2018), e quello ferroviario (stazione entro 500 metri) il 10 per cento (9,3 per cento nel 2018).

• La raggiungibilità degli edifici scolastici presenta svantaggi nel Mezzogiorno e nelle Aree Interne. Nel primo caso il trasporto pubblico locale ne raggiunge il 53,1 per cento, nel Centro-nord circa 
due su tre (63 per cento). Nelle Aree interne ultra-periferiche le criticità (33,6 per cento) superano i casi positivi (28,9 per cento).

Giovani e anziani, risorse per i territori

• I giovani sono i principali protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di 
oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9 per cento). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni
(-32,3 per cento).

• La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6 per cento nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3 nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri. 

• Per l’operare di fenomeni similari, la riduzione è stata più ampia nelle Aree interne (-25,7 per cento) rispetto ai Centri (-19,9), e nelle Zone rurali (-26,9 per cento) rispetto alle Città (-19,2 per cento); nel Mezzogiorno, il calo è più ampio in ciascuna di queste tipologie.

• Gli attuali giovani hanno transizioni sempre più protratte verso l’età adulta. Nel 2022, il 67,4 per cento dei 18-34enni vive in famiglia (59,7 per cento nel 2002), con valori intorno al 75 per cento in Campania e Puglia. Si posticipano anche la nuzialità e la procreazione. Nel 2022, l’età media al (primo) matrimonio è di 36,5 anni per lo sposo (31,7 nel 2002) e 33,6 per la sposa (28,9 nel 2002); quella della prima procreazione per le donne è salita a 31,6 anni, contro 29,7 nel 2002.

• Le città metropolitane sono un caso di studio importante sull’invecchiamento. In Italia il 24 per cento della popolazione ha oltre 65 anni e oltre un terzo di questa (circa 5 milioni) vive nelle 14 città metropolitane. L’indice di vecchiaia è più basso della media nazionale (182,9; 193,1 in Italia), ma nei contesti metropolitani del Nord è maggiore (198,5) rispetto al Sud (175,8). Quasi un terzo di questi anziani vivono da soli, contro meno del 30 per cento a livello nazionale. D’altra parte, sono anche più istruiti rispetto alla media nazionale: oltre un terzo è in possesso almeno del diploma (circa un quarto in Italia) e l’11,1 per cento ha conseguito una laurea o altro titolo terziario (oltre l’8 per cento di media nazionale).

• In Italia nel 2021 la mortalità evitabile, compresa quella da COVID-19, è di 19,2 decessi ogni 10 mila abitanti, di cui 12,8 per cause prevenibili e 6,4 per cause trattabili. La pandemia ne ha invertito la tendenza alla riduzione, con un impatto negativo più pronunciato nel Nord-ovest che, nel 2020, superava di quasi 2 decessi ogni 10 mila abitanti la media nazionale. La mortalità evitabile è relativamente più elevata nel Mezzogiorno: nel 2021, pari a 22,1 decessi ogni 10 mila abitanti nel Sud (14,7 per la parte prevenibile, 7,7 quella trattabile) e a 21,4 nelle Isole (rispettivamente 13,7 e 7,7 decessi ogni 10 mila abitanti).

• A partire dal quadro concettuale definito dalla Commissione inter-istituzionale sulla povertà educativa, sono stati calcolati due indici sintetici a fini esplorativi, uno relativo alla carenza di risorse (della famiglia, della scuola, e dei luoghi di vita), l’altro sulle difficoltà negli esiti scolastici, a livello di regione e per grado di urbanizzazione del Comune di residenza (Città, Sobborgo urbano e Zona rurale).

• Una situazione di carenza di risorse e di difficoltà negli esiti più accentuata della media riguarda tutte le tipologie di comune in Sicilia, Puglia e Campania, e molte Zone rurali del Centro-Nord (Lazio, Liguria, Emilia-Romagna). Carenza di risorse ma esiti scolastici migliori della media si osservano in molte aree rurali, le città del Lazio, della Calabria e della Puglia, e nei Sobborghi della Lombardia.

• Una situazione meno compromessa rispetto alla media nazionale sia per risorse sia per gli esiti riguarda la maggior parte delle città del Centro-Nord (fanno eccezione quelle del Piemonte, Liguria e Toscana per gli esiti, e le città del Lazio per le risorse) e, nel Mezzogiorno, le città di Abruzzo, Basilicata e Molise. Dotazione relativamente vantaggiosa di risorse ma esiti scolastici peggiori della media caratterizzano le città del Piemonte, della Liguria e della Toscana, e città e Sobborghi urbani della Sardegna.

La coesione: divari, opportunità, fragilità

• Il PIL pro capite nazionale, in termini reali, solo nel 2023 ha recuperato il livello del 2007. Invece, con riferimento al 2022, il recupero è stato pieno solamente nelle ripartizioni del Nord, mentre il Centro, le Isole e il Sud registrano uno svantaggio, rispettivamente, di 8,7; 7,3; 3,4 punti percentuali, con un’accentuazione delle disparità.

• Divari territoriali emergono in modo evidente nell’occupazione, nella densità di imprese e nella produttività del lavoro. Nel 2021, oltre il 50 per cento delle province del Nord mostra una densità di imprese superiore alla media nazionale (12,5 per il Sud e 7,1 per cento per le Isole). Riguardo al numero di addetti ogni mille residenti in età lavorativa, la quasi totalità delle province del Nord supera la media nazionale; una sola nel Sud (Chieti). Al contrario, nessuna provincia del Sud e delle Isole è migliore della media riguardo alla produttività del lavoro (solo 3 province del Centro: Roma, Firenze e Pisa). Le imprese economicamente solide sono radicate maggiormente nelle province del Nord (96 per cento nel Nord-ovest; 81,8 nel Nord-est); di contro, nel Sud e nelle Isole una quota ridotta di province (rispettivamente l’8,3 e il 7,1 per cento) fa meglio della media nazionale.

• Una lettura di sintesi della robustezza economica dei territori segnala, nel Nord, 21 province economicamente forti e 2 nel Centro (Roma e Firenze). Nel Sud e nelle Isole predominano i territori a bassa solidità economica (rispettivamente 17 e 12 province). Questi risultati riflettono le ampie disparità tra sistemi socio-economici territoriali in Italia, con i raggruppamenti molto forti che guadagnano popolazione (+9 per cento dal 2002 al 2022), anche in virtù di una maggiore attrattività nei flussi migratori (+6,6 per mille residenti), mentre le province con economie più deboli perdono residenti (-3,4 per cento) e presentano un saldo migratorio negativo (-0,5 per mille residenti).

• La politica di coesione destina un terzo del bilancio europeo alla promozione di uno sviluppo equilibrato dei territori. Nonostante ciò, negli ultimi 20 anni nel caso delle Regioni italiane meno sviluppate il divario nel Pil pro capite con la media dell’Ue27 si è ampliato. Solo dal 2019 si è osservato un parziale recupero, con tassi di crescita del Pil pro capite superiori al dato medio europeo in quasi tutte le regioni italiane, a eccezione di Abruzzo, Umbria, Toscana, Lazio e Piemonte.

• Il differenziale del Pil pro capite delle regioni italiane meno sviluppate rispetto alla media dell’Ue27, riflette tassi di occupazione e produttività del lavoro meno elevati. Tra il 2004 e il 2023, il tasso di occupazione 15-64 anni in Italia è cresciuto dal 57,4 per cento al 61,5 per cento, con un aumento di quasi 900.000 occupati nella stessa fascia d’età. Tuttavia, il divario con la media dell’Ue27 è cresciuto da circa 4,4 a 9,8 punti percentuali.

• Un ambito vitale dell’economia è rappresentato dal settore culturale e creativo, nel 2021 costituito da 365.496 unità locali (7,4 per cento del totale), con 878.250 addetti (5 per cento del totale delle imprese italiane), generando 37,8 miliardi di euro di valore aggiunto (4,1 per cento). Tali imprese hanno una maggiore concentrazione nel Centro-Nord (7,6 per cento nel Nord-ovest; 8,4 per cento nel Nord-est e nel Centro) rispetto al Mezzogiorno (5,6 per cento al Sud; 5,5 per cento nelle Isole), che è però la ripartizione piùdinamica nella creazione di nuove attività.

• L’Italia dell’agricoltura può essere suddivisa in cinque gruppi: (1) il “Mezzogiorno a bassa redditività” dove si localizza il 37,2 per cento delle unità, con bassa redditività, ma buona propensione per il biologico (21 per cento del gruppo); (2) il “Centro-nord innovativo, integrato e redditivo” (26,8 per centodelle aziende); (3) il “Nord multifunzionale e ad elevata produttività” (16,5 per cento delle aziende, di cui 42,2 per cento innovative); (4) le “Zone montane a bassa densità di aziende agricole” (0,8 per cento delle aziende); (5) “l’altro Mezzogiorno bio e performante” (18,7 per cento delleaziende).

• Il “Nord multifunzionale ad elevata produttività” si colloca tra Milano e Torino, mentre il Nord-est si compone di diverse enclave. Le aree con alta produttività del Mezzogiorno si localizzano soprattutto in zone costiere della Puglia, della Calabria ionica settentrionale e tirrenica meridionale, nell’area vesuviana, nella Sicilia orientale e nel Sud della Sardegna con alta propensione all’export (2,8 per cento). Al Centro (nord della Toscana, nord-est di Roma, agro-pontino)si trovano altre aree ad elevata produttività, con aziende prevalentemente del secondo gruppo, integrate verticalmente 
(56,5 per cento) e redditive (47,2 per cento).

• Nel 2004 le aziende agrituristiche in Italia erano poco più di 14 mila, nel 2022 il loro numero è quasi raddoppiato (26 mila circa). Il tasso di crescita medio annuo è del 3,8 per cento, omogeneo per tutte le macroaree. Nello stesso periodo aumentano le strutture con il servizio di degustazione (tasso medio annuo di variazione +4,5 per cento), probabilmente anche grazie alla connessione del settore agrituristico con quello dei prodotti di qualità DOP e IGP. Nel 2022 gli arrivi nelle strutture agrituristiche superano i quattro milioni, registrando un forte recupero sia rispetto al 2021 
(+35 per cento), sia al 2019 (+8,5 per cento).

• L’Indice di Fragilità Comunale (IFC) misura l’esposizione dei territori comunali ai rischi di origine naturale e antropica, nonché alle condizioni di criticità connesse alle caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo. Nel 2021 i comuni con livelli di fragilità massima o molto alta sono il 16,1 per cento del totale e vi risiede l’8,7 per cento della popolazione (circa 5 milioni di persone).

• La distribuzione geografica conferma il divario tra i territori del Nord e quelli del Mezzogiorno. In quest’ultima ripartizione, infatti, il 40,2 per cento dei Comuni e il 24,4 per cento della popolazione ricadono nelle due classi più a rischio. Al contrario, i Comuni caratterizzati da livelli di fragilità minima o molto bassa sono più diffusi nel Nord-est (56,9 per cento dei Comuni e 78,6 per cento della popolazione). I valori più critici dell’indice interessano i Comuni della Calabria (63,9 per cento) e della Sicilia (55,9 per cento).

• Nel corso del triennio 2018-2021 si riduce l’incidenza dei Comuni e della popolazione che insiste nei territori più fragili (rispettivamente -3,9 e -2,9 punti percentuali) e aumenta quella dei territori meno fragili (rispettivamente 5,1 e 8,6 punti percentuali). Il calo della quota di Comuni in condizioni più critiche interessa prevalentemente le Isole e le regioni del Sud, a eccezione dell’Abruzzo.