CAI15 Maggio 2024 13:59

Giornate in campo, Lelli (Cai): contratto di filiera salto culturale. Senza reciprocità si rischia frode al consumatore. VIDEOINTERVISTA

“Con i contratti di filiera dobbiamo crescere anche nella professionalità. Oggi abbiamo dodici prodotti che sono di fatto sotto filiera, i due frumenti ma abbiamo riso, soia e anche altri prodotti, ma oggi qui si parla soprattutto di frumento. Dobbiamo crescere perché deve essere uno strumento più conosciuto anche dalle imprese. Abbiamo contratti di filiera con grandi imprese, con piccole, con medie imprese, ma altre non riescono a valorizzare il prodotto agricolo, lo chiamano ancora materia prima secondo me è un errore. Il contratto di filiera serve proprio a fare anche un salto culturale per tutta la filiera, quindi dagli agricoltori fino al consumatore”.

Così a PMINEWS Gianluca Lelli, Ad di Cai, a margine della Giornata in campo organizzata da Cai e Sis a Idice, in provincia di Bologna.

Il tema della reciprocità è la base anche da un punto di vista economico. I nostri mercati più importanti sono la Germania la Francia, prima ancora di altri di altri, e quindi il mercato europeo dove tutti vogliono entrare. Se noi non applichiamo la reciprocità, paradossalmente cerchiamo di vendere ai nostri partner europei dei prodotti che rischiamo siano fatti con dei prodotti agricoli o di scarsa qualità o prodotti in una in un modo che non è possibile in Europa, mettendo in crisi ovviamente tutto il nostro sistema economico.

Questa è una follia, nessun Paese in giro per il mondo, non la applica, solo noi europei ogni tanto abbiamo questo approccio molto filosofico in cui il mercato più importante, più ricco e più richiesto del mondo e anche il più facile accessibile per quelli che vengono da fuori. Questa è una battaglia che abbiamo portato avanti in maniera molto veemente sulla vicenda delle essiccazione del grano con il glifosate in Canada, ma non è solo quella, perché abbraccia tutte le produzioni su prodotti che sono utilizzati in altri Paesi e da noi non sono più permessi, ma è giusto che non siano più permessi perché magari hanno prodotti che inquinavano l’ambiente, che creano problemi agli animali, che davano problemi ai consumatori.

Quindi è giusto non utilizzarli. Ma non vogliamo neanche una frode indiretta nei nostri consumatori che pensano magari di mangiare un prodotto italiano e invece utilizzando il codice doganale con l’ultima lavorazione sostanziale, trasformiamo dei prodotti agricoli che vengono da chissà da dove in ottimi prodotti alimentari italiani e questo è uno scandalo”.