News13 Dicembre 2023 10:48

E-commerce cresce sempre di più: così multinazionali straniere sono responsabili del consumo del suolo nazionale. I dati Ispra

Più cresce il mercato dell’E-commerce, più viene consumato il suolo italiano. I giganti stranieri del commercio on line e del prodotto consegnato direttamente a casa – questo è quanto emerge un rapporto Ispra – stanno crescendo a scapito del consumo del suolo nazionale.

Il mercato dell’eCommerce vince sui negozi fisici e sulle piccole e medie imprese: dovrebbe raggiungere nel 2023 in Italia la cifra record di 35,2 miliardi di euro, in crescita esponenziale rispetto ai 19 miliardi del 2011, segnando un +8% rispetto al 2022. Il dato, che emerge da una ricerca condotta dall’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, conferma la rapidità della curva di crescita degli ultimi 10 anni e viene ben definito dal numero di acquisti, che è passato dai 9,6 milioni del 2011 ai 33,3 del 2022.

Dunque scegliamo sempre di più di acquistare beni su internet, motivati dal duplice vantaggio del prezzo più basso e della comodità di poterli ricevere a casa, ma questo comporta importanti aggravi ambientali e sociali per il territorio. Uno degli aspetti generalmente meno considerati è quello della logistica, perché tutto ciò che compriamo attraverso i grossi gruppi di eCommerce deve essere stoccato, prima della consegna finale nelle nostre case.

Come viene sottolineato dal Rapporto 2023 sul consumo del suolo dell’Ispra, un prodotto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che assicura le attività di monitoraggio del territorio e del consumo, “Logistica e grande distribuzione organizzata figurano tra le principali cause di incremento della superficie consumata a scala nazionale degli ultimi anni in Italia. […] Le trasformazioni sono riconducibili all’espansione o all’adeguamento dei fabbricati, dei piazzali e delle strade di accesso ai grandi poli”.

Dunque per Ispra, ente pubblico di ricerca italiano per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono soprattutto i grandi poli logistici ad aver consumato superficie nel nostro paese: più che le piccole e medie imprese del settore, ad essere responsabili sono le multinazionali dominanti a livello globale.

Il rapporto suggerisce che in termini assoluti il primato è del Nord-Est con 1.671 ettari, corrispondenti al 5,8% del totale del consumo di suolo per il periodo 2006-2012 nella stessa ripartizione. Seguono il Nord-Ovest con 1.540 ettari (6,1%) e il Centro (940 ettari; 4,7%). Restano marginali, seppur importanti in termini di ettari, i contributi di Sud e Isole. A livello regionale il fenomeno si concentra nelle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, soprattutto nel corso dell’ultimo anno di osservazione. Tra queste, il primato per il maggior consumo di suolo dovuto ad attività di logistica continua ad appartenere all’Emilia Romagna, dove il 7,7% del consumo di suolo avvenuto tra il 2006 e il 2022 è legato alla realizzazione di poli logistici. Anche il picco maggiore di consumo appartiene all’Emilia-Romagna, che tra il 2021 e il 2022 raggiunge un valore di 126 ettari.

Dalla tabella sottostante è possibile comprendere come, finito il periodo del lockdown, il consumo di suolo per logistica è ripreso a ritmo sostenuto soprattutto nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, passati rispettivamente a 141 ettari e 248 ettari spariti nel 2022, ultimo anno di riferimento.

Colpisce soprattutto un dato della ricerca Ispra: la densità del suolo occupato dalla logistica (metri quadrati per ettaro) investe in particolare le zone rurali e quelle a alta densità di suolo consumato e bassa densità di popolazione, che nel 2021-2022 sono passati rispettivamente a 18,95 e 6,22, con una percentuale di suolo consumato dello 0,9% e dell’1,5%.

L’esempio arriva dai siti di Vidigulfo, Pavia, e San Pietro Mosezzo, Novara, che hanno visto sparire rispettivamente 11 e 12 ettari.

Questo consumo di suolo ha importanti conseguenze dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. L’Italia è un paese altamente fragile, soprattutto dal punto di vista idropedologico, il cui equilibrio precario è emerse in maniera preponderante nel corso degli ultimi anni. L’inondazione in Emilia-Romagna, i disastri nelle Marche e in Toscana confermano come il territorio del nostro paese abbia necessità di verificare con estrema attenzione le conseguenze di un consumo di suolo indiscriminato.

C’è poi un costo ambientale ulteriore, quello del trasporto su gomma che le mega-infrastrutture logistiche portano come aggravio, anche dal punto di vista sanitario, per l’aumento del particolato in atmosfera. A tutto questo si aggiunge un aspetto economico: le multinazionali che sempre più stanno occupando spazi nel commercio soffocano le piccole e medie imprese italiane, spina dorsale del nostro paese. Sempre più le PMI, per non perdere quote di mercato, sono costretti ad affidarsi ai giganti della logistica internazionale, accettando condizioni non sempre favorevoli.

Tutto questo rischia di trasformarsi un una sorta di neocolonialismo del suolo, quasi una extraterritorialità per quelle giganti che pagano tasse in nazioni dove i vantaggi fiscali sono alti, senza compensare gli aggravi ambientali provocati nei paesi dove invece operano.