Export20 Luglio 2023 11:14

Commercio estero e imprese, Istat-Ice: aumenta export ma con import deficit bilancia commerciale a -30,7 miliardi

La venticinquesima edizione dell’Annuario statistico “Commercio estero e attività internazionali delle imprese”, frutto della collaborazione fra l’Istat e l’ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), fornisce un quadro aggiornato sulla struttura e la dinamica dell’interscambio di merci e servizi, sui flussi di investimenti diretti esteri nonché sulla struttura e le attività realizzate dai principali attori presenti sul territorio nazionale: operatori, imprese esportatrici e importatrici, multinazionali a controllo nazionale ed estero.

L’Annuario, consultabile esclusivamente on-line sul sito dedicato https://annuarioistatice.istat.it/, mette a disposizione degli utilizzatori circa 1.000 tavole statistiche e grafici da visualizzare e riutilizzare per elaborazioni personalizzate, percorsi di navigazione ragionati che conducono in modo intuitivo ai dati di interesse, una guida alla lettura con gli aspetti metodologici e i principali indicatori oltre a un’intera sezione dedicata alla cartografia interattiva.

In questa edizione l’Annuario si arricchisce di un approfondimento su struttura, attività internazionali e performance delle imprese esportatrici in possesso di certificazione accreditata per i sistemi di gestione. Le nuove tavole sono il risultato dell’integrazione della base dati micro TEC-FrameSBS e della base dati fornita da Accredia (Ente Italiano di Accreditamento) nell’ambito di una convenzione stipulata con Istat.

Insieme alla pubblicazione dell’Annuario, i ricercatori potranno accedere all’aggiornamento al 2021 dei dati individuali d’impresa contenuti nel registro statistico integrato TEC-FrameSBS, utilizzato dall’Istat per la produzione delle tavole statistiche sulla struttura e la performance economica delle imprese esportatrici e importatrici. L’accesso potrà essere effettuato attraverso il Laboratorio Istat per l’Analisi dei Dati Elementari (ADELE), attivo presso la sede centrale di Roma e le sedi Istat presenti nei capoluoghi di regione. Le informazioni sulla struttura del file e sul contenuto informativo saranno rese disponibili sul sito web dell’Istat (Struttura e performance economica delle imprese esportatrici (TEC-FrameSBS)https://listarilevazioni.istat.it/).

Di seguito si riassumono le informazioni più rilevanti contenute nell’Annuario.

Struttura ed evoluzione del commercio estero 

Nel 2022 il commercio mondiale di beni, misurato in dollari ed espresso a prezzi correnti, registra una crescita dell’11,5% rispetto al 2021. Questo risultato è sintesi di un forte aumento dei valori medi unitari (+9,5%), per quanto più contenuto rispetto a quello rilevato nel 2021 (+16,8%), e di un incremento, meno ampio, dei volumi scambiati (+2,3%). Anche il valore nominale dell’interscambio mondiale di servizi registra un deciso aumento (+15,3%) mentre si riducono gli investimenti diretti esteri (-12,4%).

Nel 2022, l’Italia registra sia un forte aumento del valore in euro delle merci esportate (+20,0%) sia un aumento, decisamente più ampio, delle merci importate (+36,4%). La crescita quasi doppia delle importazioni rispetto alle esportazioni, nel 2022,determina un deficit della bilancia commerciale di -30,7 miliardi di euro (nel 2021, il saldo commerciale era positivo e pari a +40,3 miliardi). A contribuire al disavanzo commerciale è soprattutto la componente energetica, per effetto del forte rincaro dei valori medi unitari dei prodotti energetici (e in particolare del gas naturale allo stato gassoso), accentuato dal conflitto in Ucraina; al netto di tale componente, il saldo commerciale si attesta a +80,6 miliardi nel 2022 da +88,7 miliardi del 2021.

L’incremento in valore nel 2022 dei flussi con l’estero riflette un’analoga crescita dei valori medi unitari, con una dinamica dei volumi pressoché stazionaria (+0,1% per le importazioni e -0,1% per le esportazioni).

Nel 2022 la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di merci (misurata in dollari) registra una lieve flessione (2,65%, da 2,79% nel 2021).

La quota dell’Italia sulle esportazioni mondiali è diminuita in misura più accentuata in alcune aree geografiche, in particolare Altri paesi africani (da 1,56% a 1,20%), Unione Europea (da 4,94% a 4,64%), Paesi europei non Ue (da 5,07% a 4,83%),Asia Centrale (da 1,63% a 1,42%) e Oceania e altri territori (da 1,98% a 1,77%). Al contrario, incrementi della quota si rilevano per Africa Settentrionale (da 6,06% a 6,23%) e America Settentrionale (da 1,89% a 1,97%).

Nel 2022 i flussi con l’estero di servizi registrano aumenti particolarmente ampi (+38,5% per le esportazioni, +35,4% per le importazioni). Nel 2022, dopo il deciso rimbalzo registrato l’anno precedente, gli investimenti italiani all’estero scendono a 8,5 miliardi. Quelli esteri in Italia, invece, salgono a 29,2miliardi, dai 16,1 miliardi del 2021.

La Germania si conferma nel 2022 il principale mercato di sbocco delle vendite di merci italiane con una quota del 12,4% delle esportazioni nazionali. Stati Uniti e Francia si collocano al secondo e al terzo posto tra i paesi partner, con quote pari, rispettivamente al 10,4% e al 10,0%; seguono Spagna (5,1%), Svizzera (5,0%) e Regno Unito (4,4%). Tra i principali paesi, i mercati di sbocco più dinamici (incremento della quota sulle esportazioni nazionali superiore a 0,2 punti percentuali rispetto al 2021) sono Stati Uniti, con un aumento della quota di circa un punto percentuale, e Turchia.

Con riguardo ai raggruppamenti principali di industrie, nel 2022 il deficit nell’interscambio di prodotti energetici è più che raddoppiato, da -48,4 miliardi del 2021 a -111,3 miliardi del 2022, a causa dell’eccezionale aumento dei valori medi unitari all’import (+120,5%). Si amplia notevolmente anche il deficitnell’interscambio di beni intermedi (-21,8 miliardi, da -6,0miliardi nel 2021). Per beni strumentali e beni di consumo durevoli si registrano incrementi dei saldi positivi (rispettivamente +4,9 miliardi e +2,7 miliardi nel 2022) mentre per beni di consumo non durevoli l’avanzo nell’interscambio è di entità pari a quello registrato nel 2021.

Tra i gruppi di prodotti manifatturieri in cui l’Italia detiene nel 2022 le maggiori quote sulle esportazioni mondiali di merci si segnalano: materiali da costruzione in terracotta (22,89%); cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria, pellicce preparate e tinte (13,18%); prodotti da forno e farinacei (13,12%); pietre tagliate, modellate e finite (12,04%);prodotti vegetali di bosco non legnosi (10,38%); tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio, esclusi quelli in acciaio colato (10,08%); articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (9,70%) e navi e imbarcazioni (9,43%) (Figura 2).

Rispetto al 2021 gli incrementi maggiori della quota sulle esportazioni mondiali si registrano per prodotti vegetali di bosco non legnosi (da 8,23% a 10,38%) e navi e imbarcazioni (da 7,32% a 9,43%); i cali più ampi riguardano materiali da costruzione in terracotta (da 24,46% a 22,89%) e cuoio conciato e lavorato; articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria; pellicce preparate e tinte (da 14,44% a 13,18%).

La crescita in valore dell’export nel 2022 interessa tutte le regioni italiane, a eccezione del Molise (-12,1%); gli incrementi più marcati riguardano Marche (+82,0%), Sardegna (+61,8%) e Sicilia (+56,0%), quelli più contenuti Basilicata (+0,4%) e Abruzzo (+2,1%).

L’aumento delle esportazioni è molto sostenuto per l’Italia insulare (+58,0%), intorno alla media nazionale (+20,0%) per l’Italia centrale (+23,4%) e il Nord-ovest (+19,6%), relativamente più contenuto per il Nord-est (+16,0%) e per l’Italia meridionale (+15,4%).

La provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-nord, da cui proviene l’87,9% dell’export nazionale, mentre il Mezzogiorno ne attiva il 10,6%. Nel 2022, la quota della Lombardia sulle esportazioni nazionali è del 26,0%; seguono Emilia-Romagna (13,5%), Veneto (13,1%), Piemonte (9,4%) e Toscana (8,8%). Rispetto al 2021, l’incidenza sul totale dell’export nazionale aumenta per le ripartizioni dell’Italia insulare (da 3,1% 
a 4,1%) e dell’’Italia centrale (da 18,0% a 18,5%) mentre si riduce per Italia Nord-orientale (da 33,1% a 32,1%), Italia meridionale (da 6,8% a 6,5%) e Italia Nord-occidentale (da 37,4% a 37,3%).

Operatori economici del commercio estero 

Nel 2022, 137.664 operatori economici hanno effettuato vendite di beni all’estero (137.220 nel 2021). La loro distribuzione per valore delle vendite conferma la presenza di un esteso segmento di “micro esportatori”: 75.151 operatori presentano un ammontare di fatturato all’esportazione molto limitato (fino a 75mila euro), con un contributo al valore complessivo delle esportazioni pari allo 0,2%. D’altra parte, 5.652 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 
15 milioni di euro; questo segmento realizza il 74,3% delle vendite complessive sui mercati esteri.

Rispetto all’anno precedente, nel 2022 l’export degli operatori appartenenti alla classe di fatturato estero inferiore a 50 milioni di euro cresce in valore dell’8,3%. Questo risultato sottende incrementi di diversa entità per le classi interne a questo aggregato: aumentano in misura ampia le vendite all’estero degli operatori appartenenti alla classe di fatturato estero compresa tra 5 e 50 milioni di euro (+10,8%), mentre si registrano incrementi molto più contenuti per la classe compresa tra 
750mila e 5 milioni di euro (+1,6%) e per quella che fattura all’export meno di 750mila euro (+0,4%).

Aumentano a un tasso superiore a quello medio le esportazioni degli operatori della classe di fatturato all’export più ampia (oltre 50 milioni di euro), con una crescita delle vendite del 26,2%.

Nel 2022 aumenta la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi mille operatori (da 51,9% a 53,3% dell’export complessivo), così come le quote dei primi 100 operatori (da 25,2% a 27,1%) e dei primi 20 (da 11,9% a 13,6%).

Considerando gli operatori secondo i mercati di sbocco, il 46,4% esporta merci verso un unico mercato mentre il 17,5% opera in oltre 10 mercati. La presenza degli operatori nelle principali aree di scambio commerciale è comunque diffusa: nel 2022 si registrano 88.327 presenze di operatori commerciali residenti in Italia nei Paesi europei non Ue, 47.723 in America settentrionale, 39.822 in Asia orientale, 33.022 in Medio Oriente, 31.694 nell’area Ue, 25.226 in America centro-meridionale, 21.220 in Africa settentrionale, 19.773 negli Altri paesi africani, 18.614 in Oceania e altri territori e 16.983 in Asia centrale (Prospetto 1).

PROSPETTO 1. OPERATORI DELLE ESPORTAZIONI PER AREA GEOGRAFICA DI DESTINAZIONE

Anno 2022, numero di presenze degli operatori per area geografica

AREE GEOGRAFICHEOperatori
  
Paesi europei non Ue88.327
America settentrionale47.723
Asia orientale39.822
Medio Oriente33.022
Unione europea31.694
America centro-meridionale25.226
Africa settentrionale21.220
Altri paesi africani19.773
Oceania e altri territori18.614
Asia centrale16.983

Con 38.761 presenze all’estero, il settore dei macchinari e apparecchi n.c.a. (non codificati altrove) è quello con il numero più elevato di operatori all’export nel 2022. 

Seguono i settori articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi con 29.903 presenze; metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, con 28.943 presenze; prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori con 28.745.

I primi cinque paesi per numero di presenze di operatori commerciali italiani sono Svizzera (circa 52mila), Stati Uniti (oltre 43mila), Regno Unito (circa 36mila), Francia (circa30mila) e Germania (oltre 29mila). Un numero elevato di operatori è presente anche in Spagna (circa 26mila), Polonia (oltre 21mila) e Paesi Bassi (oltre 20mila) (Prospetto 2).

PROSPETTO 2. OPERATORI PER PRINCIPALI PAESI

Anno 2022, presenze degli operatori

PAESI Operatori
  
Svizzera51.870
Stati Uniti43.495
Regno Unito35.896
Francia29.807
Germania29.410
Spagna25.816
Polonia21.203
Paesi Bassi20.248
Belgio19.665
Austria19.508
Romania18.385
Canada17.410
Grecia16.981
Repubblica ceca16.892
Turchia16.875
Cina15.927
Portogallo15.801
Australia15.522
Emirati Arabi Uniti15.367
Giappone15.212

Le regioni con il maggior numero di operatori all’export sono Lombardia (oltre 58mila), Veneto (circa 25mila), Emilia-Romagna (oltre 19mila), Toscana (oltre 18mila) e Piemonte (oltre 16mila).

Struttura e performance economica delle imprese esportatrici 

Nel 2021, le imprese esportatrici attive sono 120.319, in decisoaumento rispetto al 2020 (111.989). L’aumento, diffuso,riguarda soprattutto le classi dimensionali minori e, in particolare, le imprese con 0-9 addetti che aumentano da 62.513 nel 2020 a 67.905 nel 2021. Dopo l’impatto negativo della crisi pandemica nel 2020, nel 2021 le vendite all’estero crescono per tutte le classi dimensionali di imprese: gli aumenti maggiori (superiori alla media nazionale) hanno riguardato le imprese 
con 20-49 addetti (+22,6% le esportazioni rispetto al 2020), le imprese con 250-499 addetti (+20,9%), quelle imprese con 500 addetti e oltre (+20,8%) e quelle con 0-9 addetti (+20,1%).

In termini settoriali, il 50,2% delle imprese esportatrici attive nel 2021 è rappresentato da imprese manifatturiere (con un peso del 79,7% sul valore complessivo delle esportazioni delle imprese industriali e dei servizi), il 37,5% da imprese commerciali e il 12,4% da imprese che operano in altri settori.

Si conferma la relazione positiva tra contributo alle esportazioni nazionali e dimensione di impresa, espressa in termini di addetti: nel 2021, le grandi imprese esportatrici (2.035 unità con 
almeno 250 addetti) hanno realizzato il 49,6% delle esportazioni italiane (48,8% nel 2020), le medie imprese (50-249 addetti) il 30,3% (in calo rispetto al 31,3% del 2021) e le piccole (meno di 50 addetti) il 20,1% (19,9% nel 2020).

Considerando classi di addetti più dettagliate, rispetto al 2020aumenta l’incidenza sul totale dell’export delle imprese con 500addetti e oltre (da 33,6% a 34,1%); incrementi più contenuti si rilevano per le imprese con 250-499 addetti (da 15,2% a 15,5%) e con 20-49 addetti (da 10,5% a 10,8%). 

L’incidenza sul totale export delle imprese con 0-9 addetti èpressoché stazionaria (4,3%); mentre si riscontrano riduzioniper le imprese con 100-249 addetti (da 19,0% a 18,1%), con 10-19 addetti (da 5,1% a 4,9%) e con 50-99 addetti (da 12,3% a 12,2%).

Nella manifattura, dove sono attive 60.340 imprese esportatrici, il 42,9% delle aziende esporta meno del 10% del fatturato mentre solo il 10,1% destina ai mercati esteri una quota pari o superiore 
ai tre quarti delle vendite. 

L’incidenza delle imprese marginalmente esportatrici si riduce notevolmente al crescere della dimensione dell’impresa, rimanendo comunque rilevante sia per le medie (19,9% delle imprese tra 50 e 249 addetti) sia per le grandi (12,2% di quelle con 250 addetti e oltre). Una quota significativa di imprese con una propensione elevata sui mercati esteri (pari o oltre il 50% ma inferiore al 75%) appartiene al segmento delle grandi imprese (32,8%).

Sempre con riguardo alla manifattura, le imprese esportatrici presentano una propensione media all’export che aumenta al crescere della dimensione aziendale. Tuttavia la propensione risulta già elevata fra le micro-imprese (27,0%) e superiore al 40% fra le medie e le grandi. Per le imprese esportatrici i differenziali sono sensibilmente positivi rispetto alle unità non esportatrici in termini di costo unitario del lavoro e ancor più di produttività apparente del lavoro (valore aggiunto per addetto). Questi risultati sono solo in parte riconducibili alle differenze dimensionali tra queste due sotto-popolazioni di imprese.

Nel 2021, sono 20.298 le imprese esportatrici in possesso di un sistema di gestione certificato sotto accreditamento (il 16,9% del totale delle imprese esportatrici), per un valore delle esportazioni di merci pari a 259,5 miliardi di euro (il 54,5% del totale; la quota di export riconducibile alle imprese certificate era pari al 52,3% nel 2020 e al 54,1% nel 2019).

La diffusione della certificazione accreditata dei sistemi di gestione cresce all’aumentare della dimensione aziendale, espressa in termini di addetti: è, dunque, meno diffusa tra le piccole imprese (solo il 4,0% delle imprese esportatrici fino a 9 addetti e il 20,3% di quelle con 10-19 addetti), meno coinvolte nelle catene del valore (Figura 7). È invece elevata per le grandi imprese (il 60% delle imprese esportatrici con 250-499 addetti e il 62,7% di quelle con almeno 500 addetti) che esportano in misura maggiore: le imprese certificate con almeno 500 addetti spiegano oltre il 66% dell’export della classe dimensionale, quelle con 250-499 addetti il 53,2% e le imprese certificate con 100-249 addetti, il 62,2%.

Nel 2021, il 73,4% delle imprese esportatrici con certificazione accreditata (14.902 unità) opera nel comparto manifatturiero, dove la qualità e la sicurezza nelle diverse fasi di produzione sono più rilevanti. Le imprese manifatturiere certificate esportano merci per un valore pari al 61,8% del totale dell’export realizzato dalle imprese del comparto e al 49,2% delle esportazioni nazionali.

Sempre con riguardo alla manifattura, la propensione all’export è maggiore per le imprese certificate (42,9%) rispetto a quelle non certificate (41,7%); le prime, inoltre, esportano in un numero maggiore di paesi rispetto alle seconde, con divari più ampi nelle imprese di minore dimensione (fino a 49 addetti). In termini di performance, le imprese certificate sono più produttive (Figura 8), anche in questo caso con divari significativi per le imprese più piccole e decrescenti all’aumentare della dimensione aziendale; solo per le grandi imprese (con almeno 250 addetti), la produttività di quellecertificate è inferiore alla produttività delle non certificate (105mila euro contro 107.200 euro).

La localizzazione delle imprese industriali a controllo estero in Italia 

Nel 2020, il valore aggiunto industriale realizzato dalle multinazionali estere in Italia si concentra per il 46,0% nell’Italia Nord-occidentale; seguono l’Italia Nord-orientale (28,5%), l’Italia centrale (16,6%), l’Italia meridionale (8,5%) e l’Italia insulare (0,4%). Le regioni che forniscono il più ampio contributo sono Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Toscana, e Lazio (Figura 9).