News31 Gennaio 2023 17:47

Paradosso Jabil, Pmi pagano tasse a Stato che aiuta multinazionali che licenziano e fanno concorrenza a Made in Italy

Le Piccole e medie imprese che rappresentano la biodiversità economica del Paese e la colonna portante del Paese nonché la biodiversità economica del Made in Italy, finanziano con le proprie tasse le multinazionali che omologano i prodotti sul mercato e fanno concorrenza alle stesse Pmi che, indirettamente, ne garantiscono la sopravvivenza.

Le multinazionali infatti, ‘approfittano‘ spesso di agevolazioni messe in campo dallo Stato (molti gli esempi, dalla Whirpool alla Jabil) a fronte dell’occupazione che garantiscono sul territorio dove operano.

L’equazione-paradosso è semplice: le Pmi finanziano lo Stato; lo Stato finanzia le multinazionali; le multinazionali fanno concorrenza alle Pmi mettendone a rischio la sopravvivenza. Risultato: se cadono le Pmi, mangiate dall’omologazione delle multinazionali (che lavorano in base alla logica del principio di obsolescenza pianificata generata dal concetto di ciclo continuo di Adam Smith e John Locke) cadono anche i finanziamenti alle multinazionali stesse.

La situazione cambia e rischia di assumere aspetti perversi quando le multinazionali, dopo aver attinto a soldi dallo Stato, decidono di licenziare. Sembra essere questo il caso della Jabil, la multinazionale americana che ha utilizzato i benefici previsti dal DL Cura Italia, in particolare relativi alla cassa integrazione straordinaria e ora licenzia 190 lavoratori che sono scesi in strada, bloccando l’autostrada al casello Caserta Sud per protestare contro la mancanza di un piano di reintegro che tuteli gli operai fino ad ottenere un mese di proroga e un tavolo al Mise previsto per il 13 febbraio.
“Lavoro vuol dire dignità e lo difenderemo con la lotta, le multinazionali non possono e non devono continuare a speculare sulla pelle dei lavoratori e sugli interessi del territorio”, spiegano.

Le PMI italiane sono circa 206mila e sono responsabili, da sole, del 41% dell’intero fatturato generato in Italia, del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato e del 38% del valore aggiunto del Paese.

Le piccole e medie imprese, qui definite come imprese attive con un giro d’affari inferiore a 50 milioni di euro, impiegano l’82% dei lavoratori in Italia (ben oltre la media Ue) e rappresentano il 92% delle imprese attive (dai calcoli sono escluse imprese dormienti con fatturato a zero nell’ultimo anno). Sono numeri che fanno delle PMI un tratto saliente dell’economia italiana e riflettono tradizioni e imprenditorialità diffuse nei territori. Secondo le stime di Prometeia, nel 2017 si contavano circa 5,3 milioni di PMI che davano occupazione a oltre 15 milioni di persone e generavano un fatturato complessivo di 2.000 miliardi di euro. Le loro attività si concentrano nei i settori dei servizi, dell’edilizia e dell’agricoltura (72% dei dipendenti delle Pmi in Italia). Inoltre, vale la pena di notare come le Pmi abbiano un ruolo fondamentale nell’economia di alcuni territori. Per le regioni meridionali ad esempio le Pmi rappresentano l’83% della produzione, rispetto a un contributo medio nazionale del 57%.

Ma sono proprio le Pmi a soffrire la ripresa post Covid, molto più di quanto soffrano le Big: secondo il Report Istat del 2022 sulle imprese post covid, la diffusione della ripresa è strettamente correlata alla dimensione aziendale. In particolare, le microimprese presentano un’incidenza delle unità con riduzione del fatturato (il 36,4%) pari al doppio di quella registrata dalle grandi (18,9%) mentre i casi in aumento (il 28,9% tra le micro-imprese) pesano circa lametà di quanto rappresentino tra le unità maggiori (il 52,7%). Positivo il risultato anche tra le piccole e le medie imprese (rispettivamente con il 42,0% e il 51,2% di casi in aumento rispetto al 27,1% e il 22,0%in diminuzione). La quota con un fatturato stabile si attesta intorno al 30% in tutti i segmenti, con valori compresi tra il 28,5% delle grandi e il 34,7% delle micro.